La poetessa Angela Caccia ha concluso la serie di incontri con gli autori organizzati dall’Associazione culturale Terremoti di Carta. L’autrice — vincitrice dei premi “Piazzetta” (Salerno), “Siracusa”, “Feile Filiochta International Poetry Competition 2003” (Dublino), “Fiurlini” (Olanda), “Colapesce 2011”, medaglia Presidente della Repubblica al premio “Insanamente 2012” (Rimini), “Convivio 2012” (Giardini Naxos) — ha presentato, all’istituto Don Bosco, la sua ultima silloge: Nel fruscio feroce degli ulivi (Prefazione di Davide Rondoni, Fara Editore, € 12, pp. 91).
Un pomeriggio trascorso all’insegna di parole di speranza e umiltà. Ad introdurre il volume è stato il Vescovo di Noto, Sua Eccellenza Antonio Staglianò, che ha ricordato il significato rigeneratore dell’atto poetico. Un registro la cui importanza consiste nel dare spazio alla realtà simbolica messa all’angolo da una ragione sempre più strumentale e formale. «Il concetto di bellezza insito nella poesia è tale — ha sottolineato il Vescovo — perché orienta l’umanità verso il buono, nobilita l’animale-uomo che si fa umano perché ha in sé il divino». Una divinità che non sussiste in quanto pura astrazione, non si pone al di là dell’umano ma lo qualifica caratterizzandone l’essenza. Un messaggio di speranza, il suo, che vede nel linguaggio poetico un atto introspettivo che si spinge oltre la semplice e pura descrizione dell’evento. La poesia, infatti, trasfigurando gli avvenimenti, si apre a quella possibilità che in qualche modo vince la morte. Concetto, quest’ultimo, ripreso dalla stessa autrice: «L’arte poetica — ha detto Angela Caccia — non placa ma cristallizza il momento. La parola poetica cerca sempre la speranza, il bagliore». Nonostante la morte, il dolore, rimangano sempre sullo sfondo, l’esigenza di aprirsi alla possibilità della speranza rimane una costante nelle sue liriche.
D’altronde diceva Montaigne: «Scrivere non provoca tormento ma nasce dal tormento», nella forma poetica, facilmente superabile attraverso la realizzazione della trascendenza. Angela Caccia è stata infatti definita la poetessa dell’alba. La vera nascita si realizza comunque — hanno sottolineato entrambi — nell’incontro con il lettore, nelle fruizione stessa dell’opera, che colma gli spazi vuoti offrendo nuovi significati e opportunità. Nel suo intervento l’autrice ha recitato alcuni versi, commuovendosi visibilmente durante la lettura di Gli occhi negli occhi, una lirica il cui tema centrale è appunto la nascita, la maternità: una dimensione che accomuna tutte le donne, madri in potenza, concepite “al quadrato” — come ama dire — perché “programmate” per ospitare dentro di sé un’altra vita. Nella forza del suo messaggio risiede tutta l’essenza dell’essere donna.
Giusy Gerace
(158)