Debutterà venerdì 27 novembre, alla Sala Laudamo, lo spettacolo “L’Assunzione”.
Prodotto dalla Compagnia Malarazza, scritto e diretto da Laura Giacobbe, interpretato da Mario Incudine, Antonio Alveario, Paolo Molonia e Francesco Natoli, come si legge nelle note al testo, L’Assunzione si sviluppa come una risposta a questo quesito:
“Cosa accadrebbe in una scalcinata città della Sicilia, in casa di uno scalcinato intellettuale impegnato, se la durezza dei tempi che viviamo si facesse sentire, più dolorosamente che mai, giusto nella sera del quattordici di agosto? Giusto nella notte prima della grande processione della Vara?”
La processione più importante della città vira verso il Teatro. Messina rappresentata nel suo momento più accorato, ovvero quello della monumentale processione della Vara, che si svolge ogni 15 di agosto.
In esso confluiscono e si innestano momenti veri della processione, dalle immagini del documentario di Alessandro Gheza, ai “suoni” della messa campionati dal vivo dal 2007 al 2013, fino all’intervista a Monsignor Calogero La Piana apparsa su La Gazzetta Del Sud il 13 gennaio 2009 (e interpretata nello spettacolo dalla voce di Nino Frassica).
Su questo si intesse il racconto teatrale della città, (rievocando le atmosfere eduardiane del Natale in Casa Cupiello) serio e grottesco, locale e universale, attraverso il suo simbolo per eccellenza.
Nella sera che precede la processione, nel palazzo situato sulla piazza da cui parte la grande macchina votiva, Mario (Mario Incudine), disoccupato confuso e provato, e il Professore (Antonio Alveario), intellettuale anticonformista e militante, “patiscono”, ognuno a suo modo, la durezza dei tempi che viviamo, entrambi stretti irrimediabilmente tra miseria e nobiltà.
La loro è una compresenza “forzata”, inasprita dalle voci di speranza che vengono dalla piazza, una conversazione che non regge e che da comico conflitto degenera in un evento inaspettato. La Madonna, come un tremendo Idolo polemico, sta lì a custodire una comunità che sorridendo può e deve rovistare nelle sue contraddizione e nei suoi nervi scoperti.
(181)