“Gli uomini dovrebbero essere sempre quello che sembrano”. Così ieri sera, per la prima volta sul palco del Teatro Vittorio Emanuele, Iago, interpretato da un abilissimo Maurizio Donadoni, svela il filo conduttore che snoda il dramma della gelosia dell’Otello di William Shakespeare per la regia di Nanni Garella. Fin dall’inizio, infatti, il dramma esprime la costante sfida tra significante e significato, una relazione non solo alquanto delicata, ma soprattutto molto arbitraria. In questa opera i più basilari canoni della simbologia occidentale, secondo la quale bianco sta per purezza e nero significa il male, sono ripetutamente messi in discussione e gli stessi protagonisti ne sono un esempio evidente. Otello, il condottiero saraceno, il personaggio nero, viene descritto e riconosciuto da tutti come un “nobile”, nonostante le sue origini e la sua razza, mentre Iago, il soldato bianco, è un bugiardo intrigante, in grado di innescare un processo di barbarie e crudeltà, manipolando continuamente chi gli sta intorno per perseguire i propri interessi. “I cattivi pensieri sono già un veleno” afferma Iago, così l’alfiere pianta semi di malvagità nelle menti dei personaggi, giocando sulle rispettive fragilità umane e spingendo tutti a fare ciò che lui ha già precedentemente ordito e finemente architettato. Fin dall’inizio dello spettacolo è la figura che prevale più delle altre, più dello stesso Otello, interpretato da un meno convincente Massimo Dapporto, che infonde poco vigore al personaggio, ridicolizzandolo spesso, facendolo apparire piuttosto pallido rispetto al ruolo che detiene all’interno del dramma. Maurizio Donadoni dona, invece, a Iago la spavalderia e la destrezza con le quali supporta i progetti di vendetta nei confronti di Cassio, nominato al suo posto luogotenente di Otello, dai quali poi si svilupperà una abile trama di inganno e calunnia che culminerà nella distruzione fisica e morale di quasi tutti i personaggi. Iago conosce quali corde muovere nell’animo umano, sa che l’onore ed il rispetto, principi che non gli appartengono, sono valori importanti, per questo li strumentalizza fino ad accendere nel prossimo il desiderio di riscatto e rivalsa. Ma oltre ai personaggi shakespeariani, esiste in questa rappresentazione un’altra protagonista, muta e silenziosa, che è la natura, simboleggiata da una luna che assiste impotente all’evolversi del dramma, illuminando questa escalation di emozioni e sentimenti che porterà alla morte di due donne innocenti: Desdemona, moglie di Otello vittima di un complotto più grande di lei ed Emilia, moglie di Iago, uccisa di pugno anch’essa dal marito per aver svelato l’inganno. Donne allora come oggi, consapevoli di essere vicine alla fine che invano tentano di denunciare, capire, opporsi, senza riuscire a scappare da quella fine annunciata. Omicidi, più di un centinaio è il triste bilancio con cui si è chiuso il 2012, causati da relazioni sentimentali finite o malate, dove i litigi, i soprusi, la sopraffazione crescente sfociano poi purtroppo nella violenza cieca, da parte di uomini, come Otello, che scelgono di uccidere invece di fermarsi, di armarsi e colpire, invece di curare le proprie gelosie folli o il panico da abbandono. Un abbandono e una solitudine che trovano in un’isola come Cipro, teatro di questo dramma, il terreno ideale per esprimere quell’emarginazione dove gli uomini possono facilmente smarrire la ragione e tornare ad imbarbarirsi, facendosi una giustizia sommaria per soddisfare i propri bisogni primari.
Marcella Fontana
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