Graziella Campagna: un fumetto racconta la sua vita spezzata dalla mafia

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Il 21 marzo è una data importante, si ricordano le vittime innocenti di mafia e ci si impegna per combattere la criminalità organizzata. Lo fa Libera, lo fanno anche gli studenti del Liceo Artistico Basile di Messina che, al Palacultura, hanno presentato: “Graziella Campagna, una vita spezzata”, progetto di graphic journalism realizzato nell’ambito di “Leggere e Creare il Graphic Journalism”.

Gli studenti del Basile di Messina, infatti, sono tra i vincitori del bando SIAE “Per Chi Crea 2018 – Formazione e Promozione Culturale nelle Scuole – Settore Libro e Lettura”, con il sostegno del MIBACT. Progetto nato per veicolare temi dal forte impatto sociale, come la Legalità e le Mafie e, contemporaneamente, sviluppare, attraverso il linguaggio del Graphic Journalism, un fumetto sulla tragica vicenda di Graziella Campagna, giovane di soli diciassette anni, vittima innocente di mafia nel 1985.

Al progetto hanno partecipato diversi alunni provenienti dal Liceo Artistico Basile, ma anche da altri istituti di scuola secondaria di primo e di secondo grado della città, che hanno avuto la possibilità di lavorare con professionisti e docenti: Cinzia Ghigliano, Lelio Bonaccorso, Dario Tomasello, Simonluca Spadanuda, Mario Benenati e Michela De Domenico, ideatrice e coordinatrice del progetto. Le tavole del progetto erano state esposte al Museo Regionale di Messina durante “Illustrazioni e Fumetti al MuMe”.

Graziella Campagna

Se i fumetti sono nati alla fine dell’Ottocento negli Stati Uniti, possiamo dire che il graphic journalism si è sviluppato, come genere della paraletteratura, nella seconda metà del ‘900. A differenza dei fumetti, che in forma non seriale viene definita graphic novel, il graphic journalism documenta per immagini e parole storie vere. Pensiamo, per esempio, a “Kobane Calling” di Zero Calcare che nel 2015 ha raccontato il suo viaggio tra la Turchia e la Siria o al lavoro realizzato da Lelio Bonaccorso e Marco Rizzo in “Salvezza” del 2018.

Adesso, sono i ragazzi a raccontare una storia vera, quella di Graziella Campagna. «Graziella – scrive il Ministero dell’Interno – lavorava alla lavanderia “Regina” di Villafranca e un giorno l’ingegner Cannata le portò una camicia nella cui tasca Graziella trovò involontariamente un’agenda. La ragazza non poteva sapere che proprio l’aver messo le mani su quella agenda avrebbe firmato la sua condanna a morte. Scoprì, infatti, che l’ingegner Tony Cannata era in realtà un boss latitante: Gerlando Alberti jr., nipote di Geraldo Alberti sr., detto “U paccarè”, boss della mafia siciliana.

Dalle testimonianze rese si seppe che quella sera, sotto la pioggia battente, la ragazza accettò molto tranquillamente di salire su un’auto sconosciuta come se conoscesse bene e si fidasse di chi stava alla guida. Il corpo fu ritrovato due giorni dopo a Forte Campone, una collina tra Messina e Villafranca Tirrena. In un prato, con indosso un giubbotto rosso, una maglia a righe, un paio di pantaloni neri e gli stivaletti, il corpo di Graziella, trucidato da cinque colpi di una lupara calibro 12 che sparò da non più di due metri di distanza dalla vittima, fu riconosciuto dal fratello, Pietro Campagna. Aveva solo 17 anni. La sua unica colpa era quella di essere stata testimone involontaria della scoperta di una falsa identità di un latitante». Alla storia di Graziella è stato dedicato un film per la televisione “La vita rubata”, andato in onda su RaiUno il 10 marzo 2008.

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