Residenza reale, poi carcere femminile e infine rifugio antiaereo, il Castello di Rocca Guelfonia (o Matagrifone) ha attraversato quasi mille anni della storia di Messina mutando e trasformandosi insieme a lei. Oggi resistono al logorio del tempo le vecchie carceri, il camminamento voluto da Carlo V e un’antica torre, visitabili ancora per un weekend grazie a Le vie dei Tesori.
Sui resti dell’antica fortezza sorge oggi il Sacrario di Cristo Re dove gli eroi, i caduti della seconda Guerra Mondiale, ”riposano in pace”. Ma grazie alla manifestazione che ormai da tre anni accompagna i messinesi alla scoperta dei tesori “nascosti” della loro città, e grazie al piccolo esercito di guide costituito dagli studenti dell’alternanza scuola-lavoro, è stato ed è ancora possibile visitare i resti del Castello di Rocca Guelfonia, inoltrarsi all’interno delle vecchie carceri e osservare la città dalle mura fortificate fatte innalzare da Carlo V.
A guidare cittadini e turisti alla scoperta delle vecchie carceri è Denise, studentessa dell’Istituto Ainis, reclutata per l’edizione 2019 de Le vie dei Tesori a Messina.
Costruito intorno al 1100, il castello è stato denominato anche Mata-Griffones (o Matagrifone), ovvero “ammazza greci” e doveva servire da difesa contro eventuali attacchi. Da allora fu teatro della resistenza cittadina durante la rivolta antispagnola del 1674-1678, mentre nel 1838 l’antica fortezza venne riconvertita a carcere femminile. Prima di allora, la prigione messinese era situata dove ora sorge il Teatro Vittorio Emanuele, ma si decise di spostarla in un luogo più lontano dal centro città.
Oggi è ancora possibile accedervi dal portale rinascimentale – visibile in via delle carceri – sormontato da un arco bugnato al cui centro spicca un mascherone dal volto inquietante che doveva servire a scacciare gli spiriti maligni. Sulla parete esterna dell’ingresso si possono ancora leggere le scritte incise il latino volgare dai familiari delle detenute. Attraversato il portale, si percorre una breve scalinata fatta di ciottoli (analoghi a quelli che si possono ammirare al Castello di Milazzo) che porta all’unica cella ancora visitabile: un abitacolo lugubre e privo di finestre dove le detenute (una o due per volta) trascorrevano i loro ultimi giorni prima di essere giustiziate nella pubblica piazza.
Accanto alla cella si trova la stanza delle sentinelle da cui un tempo si accedeva al tunnel che collegava le carceri al Monte di Pietà. Oggi il passaggio è chiuso, ma nell’ottocento era utilizzato per condurre in città le detenute che, dopo aver ricevuto l’estrema unzione, venivano giustiziate. Dell’antico tunnel è rimasto aperto un primo tratto, lungo circa 20 metri, dell’accesso situato in via XXIV maggio.
Ma guardando bene la prima cella è possibile notare, in alto, delle piccole aperture realizzate in tempi più recenti quando, durante la Seconda Guerra Mondiale, le carceri sono state riconvertite in rifugio antiaereo.
La visita si chiude, quest’anno per la prima volta, con una passeggiata sulle mura erette da Carlo V nel XVI secolo, oggi “aperte” ad arco per consentire il passaggio delle macchine sul viale Regina Elena. Dopo le strettoie delle carceri, si va in alto dove è possibile godersi la vista mozzafiato sulla città e sul Porto di Messina.
L’antica torre della fortezza, Torre Ottagona, è visitabile sempre nell’ambito della manifestazione Le vie dei Tesori a Messina (il cui programma completo è consultabile sul sito ufficiale) insieme al Sacrario e alla Chiesa di Cristo Re.
(1925)