Una sera, nelle bottiglie, cantava l’anima del vino.

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Una sera, nelle bottiglie, cantava l’anima del vino.

Charles Baudelaire

I miei pochi alberi di mandarino erano pieni di fiori, profumatissimi. Le api erano arrivate prima di me e lavoravano senza sosta. Raccolsi qualche rametto, stando attento a non disturbare troppo il loro lavoro e li portai in casa. La zagara mi avrebbe fatto compagnia col suo  profumo per qualche giorno.

In città il comune aveva, finalmente, trovato i soldi per asfaltare le strade e lo faceva senza ritegno e senza una logica. Neanche la grande fantasia dei miei concittadini, alla guida, riusciva, in nessun modo, a farci liberare dal caos.

 Vi risparmio gli improperi, anche se qualcuno meriterebbe di essere citato, per la sua complessa articolazione. Cominciavano tutti con l’esclamazione che conoscono tutti in Italia, la più siciliana, ma poi, prendevano le strade più bizzarre, fino a toccare apici degni dei più navigati umoristi.

Normale disamministrazione.

Al sud ci si abitua, ahimè.

Ci affranca lo scenario, il mare e il sole. Con loro e per loro, sopportiamo.

Qui il cittadino e l’amministratore sono due entità parallele, che non si incrociano mai, ognuno vive la sua vita. L’unico, ipotetico,  punto di contatto sono le promesse non mantenute e le speranze mal riposte, logiche inconciliabili.

Al nord, almeno, l’amministratore sa cosa fare. Qui pure, ma sono due saperi diversi, e loro non hanno il sole e il mare.

Un ora di ritardo. Dovevo decidere se continuare a lavorare, nella pausa pranzo o andare in piscina e saltare qualche affare. Maledetto senso del dovere, niente piscina. Persi mezz’ora a riorganizzare  gli appuntamenti.

Il primo appuntamento all’urbanistica. Ci siete mai stati? Se non conoscete nessuno è impossibile pure chiedere l’ora.

Lì molti ragionano così: “faccio in modo che un tuo diritto diventi una cortesia, così sei in debito con me e io ho un potere, piccolo, misero ma pur sempre un potere”.

Dostoevskij  nel libro “i demoni” fa una descrizione veramente mirabile del “entusiasmo amministrativo”. Così lo chiama.

Il suo personaggio Stepàn Trofìmovic, con la sua sgargiante cravatta rossa, scherzosamente,  parlandone alla nobildonna Varvàra Petròvna, ne  descrive più di una scena, tutto il mondo è paese.

Ognuno, gestisce il suo “entusiasmo amministrativo” secondo il suo grado di miseranda immoralità.

 Per fortuna, non tutti sono così  e riuscii a risolvere.

 Uscendo  da li incontrai alcuni vecchi amici, ingegneri e architetti che parlavano di vino.

 Tutti ascoltavano  un architetto, un vero  produttore di vino, un uomo raffinato come solo gli architetti sanno essere, Salvatore Geraci.

Mi misi anch’io all’ascolto, parlava delle difficoltà, di quanto la nostra città fosse ostica a chi vuole realizzare qualcosa, e di come ci fosse riuscito lo stesso.

In effetti,a lui si deve la rinascita del Faro d.o.c., con il suo Palari ha riportato alla luce, la più elegante delle d.o.c. siciliane.

Il suo impegno è stato ricompensato con i  tre bicchieri del Gambero Rosso quasi ogni annata ed una gran quantità di altri premi.

Si è confrontato sul suo progetto con uomini  del calibro di Gino Veronelli, Donato Lanati  ed è riuscito nel suo intento.

Così, per quella sera, comprai il suo vino Faro Palari  d.o.c. annata 2008.

Nel bicchiere un granato importante, profondo  e limpido. I profumi sono subito di spezie, si riconoscono chiodi di garofano  e noce moscata, poi il cuoio, e a seguire frutti rossi in  gran varietà. Al palato caldo avvolgente ben equilibrato, ma anche i tannini del mascalese e una nota minerale. Il suo sapore persiste a lungo in bocca. Da segnalare i suoi vigneti: alcuni ad alberello di oltre 50 anni, hanno radici profonde. E’ questo, probabilmente, che dona al vino la sua complessità.

Andai a dormire, con un libro di Baudelaire, cullato dal profumo della mia zagara di mandarino e ascoltando il canto dell’anima di un vino, del nostro vino, fatto di sole, di mare e di uomini che superano le difficoltà.

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