Franco Tiano, portavoce di Federazione Nuova Destra, sul Ponte sullo Stretto:
“Oggi, finalmente, a parlare di Ponte sono i cittadini comuni, i professionisti, la società intera. Di contro ci sono i NO Pontisti, i fautori di un mondo che rema contro non soltanto a quest’opera, ma a tutto quello che interessa le costruzioni, il mattone. Sarebbe bello cambiare gli usi, i costumi i modi di vivere, se lo facessimo tutti, non solo a Messina, ma nel mondo intero, secondo logiche futuristiche, innovative e tecnologiche. Messina ha uno dei polmoni più verdi dell’intera isola. Un rapporto percentuale, verde ed abitato altamente equilibrato, anzi, anche invidiato e sicuramente qualitativo. Non c’è nessun motivo di avere paura di un Ponte, non ci si opponga per bandiera o per colore politico.
Il Ponte non deve essere uno strumento elettorale, E’ questo lo dico a nome personale e svincolato dal ruolo politico e di parte. Anche a Destra ci sono delle fazioni NoPontiste, li rispetto ma non posso condividerne la scelta.
L’Italia vive un momento difficile, il tasso di disoccupazione è molto alto ed a questo bisogna aggiungere l’occupazione precaria. Non so quanti di voi sanno cosa sia vivere per oltre un ventennio con contratti a tempo, con una miseria economica e con la prospettiva di avere la pensione sociale.
Sembrerebbe insolito parlare di precarietà e disoccupazione in un momento di riflessione sulla necessità di realizzare una grande opera.
Insisto a dire che è, invece, il punto di forza più interessante e costruttivo che il ponte possa prevedere tra i benefici della sua realizzazione.
Ho cercato di riassumere, secondo il mio parere, i punti di forza del Ponte, che sono:
1) è un opera innovativa
2) utile al passaggio di mezzi e persone
3) apporterebbe economia, soprattutto attraveso lo scambio di persone e mezzi
4) è un impulso al mondo del lavoro che manca
5) diventa lo snodo necessario per la significativa via commerciale per medio oriente e per l’oriente
6) abbatte i costi del passaggio tra le sponde
7) riduce drasticamente il tempo di percorrenza dello Stretto
8) incentiva il Turismo, rientrerebbe nelle mete ambite dei viaggiatori
9) indurrebbe la ferrovia a rivalutare la possibilità d’investimento per il sud
Come vedete molti sono i punti di forza riguardo la costruzione del Ponte, ed altri magari dimentico di menzionare. Quello prevalente è sicuramente il punto 4) (è un impulso al mondo del lavoro che manca) al commercio, alla occupazione ed all’uscita dalla schiavitù di tanti disoccupati, inoccupati, precari, di questa terra. Questo lo dico pensando non solo alla fase della costruzione, ma a quello che verrà dopo.
Riflettiamo insieme su alcuni dati, quelli concreti:
La precarietà in Sicilia è maggiore nell’amministrazione pubblica. Ci sono 22.000 precari contrattisti negli Enti Pubblici. Percepiscono un salario che nella media è di 836,00 Euro nette al mese, di contro, i nostri politici, i burocrati, i manager ed i funzionari del pubblico impiego, si aumento lo stipendio. Vergognoso.
Con meno di un migliaio di euro al mese si vive in precarietà. Niente famiglia, niente figli, niente opportunità di crescita. Questi sono i limiti dei lavoratori precari, così come limiti sono quelli dettati dal non fare le strutture, infrastrutture, piccole e grandi opere. Basterebbe togliere questi limiti, per fare ripartire il Sud Italia e non solo per i precari, soprattutto per i disoccupati e gli inoccupati. Il Ponte apre possibilità nuove di transito del gommato, ferroviario, aereo ed anche marittimo, se fossimo capaci di proiettare quest’opero in un contesto economico che veda la Sicilia il punto di snodo per le merci. Si parla tanto di porti core, quelli transhipment (trasferimento di carico da una nave ad un’altra) e di rete transeuropea di trasporto TEN-T, senza sapere che servono le vie di comunicazioni ed i trasporti per rendere possibile un coinvolgimento del profondo Sud alle politiche commerciali internazionali e continentali.
Come si vogliono attrarre economia e movimentare gli indotti, in Sicilia e Calabria, senza fare il Ponte? Come si vuole dare un vero impulso all’occupazione e fare uscire dalla schiavitù di sistema i nostri lavoratori precari, malpagati e senza una pensione degna di un tempo che vale la pena di essere vissuto? Facendo Rete, aprendosi al mondo e rivoluzionando il modo di pensare e di concepire i cambiamenti. Diventi un fatto culturale nuovo e funzionale ad un sistema di benefici comuni”.
(116)