Nella corsa al cambiamento la Sicilia si arma di buone intenzioni ma resta spesso sulla linea di partenza. Gli enti locali siciliani costano tanto e Messina si adegua. La spesa per i consiglieri comunali della città dello Stretto si attesta infatti intorno ai 3,6 milioni di euro. Solo numeri, cifre vuote se si considera il dato in sé. È nel rapporto con le altre città isolane e italiane che emerge il senso. Se, infatti, la stessa spesa si confronta a quella delle diverse metropoli dello Stivale si viene a conoscenza che, rispetto a quei 3,6 milioni di Messina, Lecce ne ha spesi 800mila, un milione Pescara, un milione e 300mila euro Firenze. A seguire, a corto raggio, Messina, c’è Catania con i 3 milioni incassati dai consiglieri.
Numeri, questi, che appaiono su soldipubblici.gov.it, il sito web del Governo che il premier Matteo Renzi ha presentato qualche settimana fa e il cui obiettivo è rendere trasparenti i costi dei vari enti italiani. I dati a disposizione sono del Siope (Sistema operativo delle operazioni degli enti pubblici) e della Banca d’Italia.
Dallo stesso sito, spulciando tra le varie voci presenti (impianti sportivi, materiale informatico, infrastrutture varie, cancelleria, trasporti, straordinari, indennità etc.), si può apprendere tanto altro. Come, ad esempio, che Palermo si aggiudica la medaglia per il Consiglio comunale più costoso d’Italia. Sono in tutto 5,1 milioni i soldi spesi tra indennità e rimborsi a Palazzo delle Aquile. Anche in questo caso, la cifra indica una spesa sostenuta ma a dare rilievo al dato, ancora una volta, è il raffronto con altri centri: Torino e Milano. Nelle due importanti metropoli, non certo piccoli comuni, per la medesima ragione, si spendono rispettivamente 3,5 e 4,1 milioni di euro. E in fatto di costi per convegni e manifestazioni, Palermo batte anche Genova, Firenze e Torino con il suo milione e 200 mila euro.
Insomma, la Sicilia costa tanto ai contribuenti e Messina mantiene il trend del capoluogo. Spostando nuovamente l’attenzione in casa nostra, sul versante delle retribuzioni del personale amministrativo, la città dello Stretto sostiene una spesa pari a 38,8 milioni di euro contro i 14 di Lecce e i 18 di Pescara. Cifre che, contestualizzate, restituiscono un quadro dell’attuale situazione.
Insomma, alla domanda “dove vanno a finire i soldi pubblici dell’isola più grande d’Italia?”, il sito governativo getta luce su alcuni aspetti che confermano la Sicilia tra le regioni più “dispendiose”. Ma, paradossale, il risparmio arriva proprio dove non dovrebbe: nella nostra Regione si fa economia sulla spesa destinata ai servizi ai cittadini. Palermo la mantiene al di sotto di quella sostenuta in altre città d’Italia: solo 1.576 euro, ad esempio, per servizi destinati alla scuola. Ma, d’altronde, qualche taglio bisogna pur farlo. Da qualche parte bisogna risparmiare. E perché non iniziare proprio dai servizi di cui dovrebbe godere il cittadino-contribuente?
Giusy Gerace
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