Seconda settimana di questo nostro speciale dedicato al Natale 2020. Uno speciale tutto natalizio per raccontarvi le tradizioni di Messina ma anche le tematiche al centro di questo strambo anno. Una di queste è – senza alcun dubbio – l’ambiente e tutto ciò che ruota attorno al mondo green. Perché, se Natale è anche sinonimo di bilanci, siamo ancora in tempo per rendere Messina una città più eco-sostenibile.
Nel corso di questi sette giorni quindi parleremo di buone pratiche ma anche di progetti che stanno prendendo piede in città. Ma andiamo con ordine. Per poter iniziare questo nostro viaggio speciale, siamo andati nel luogo più green di Messina, l’Orto Botanico Pietro Castelli.
Oltre ad ammirare le specie rare e il cosiddetto albero della tredicesima, abbiamo scoperto come realizzare la Cona di Natale a casa e cosa dobbiamo fare per poterci prendere cura delle nostre piante. A farci da ciceroni in questa passeggiata pre-natalizia sono Rosella Picone, Direttrice dell’Orto Botanico e Mario Crisafulli, collaboratore dell’Orto e autore di “MilazzoNatura”.
L’Orto Botanico di Messina
A due passi dal centro storico esiste l’Orto Botanico Pietro Castelli, struttura del Dipartimento di Scienze Naturali dell’Università di Messina. L’orto si estende per 8 mila metri quadrati – ma non pensate siano tanti – perché chi si prende cura di questo luogo vorrebbe, ovviamente, che fosse più grande.
Ad accoglierci sono la prof. Picone, direttrice della struttura e Gaetano Parlato, uno dei quattro giardinieri dell’Orto Botanico. «Per un lungo periodo – racconta la Picone – dopo la distruzione da parte degli spagnoli del precedente Orto Botanico, a Messina c’erano solo orti privati. Solo alla fine dell’Ottocento è stato fondato – da Borzì – questo Orto. In seguito al terremoto è stata ridotta la superficie.
Il fratello di Borzì, l’ingegnere che si occupò del piano regolatore fece passare in mezzo la strada tagliando (e riducendo) le dimensioni dell’Orto Botanico. È un piccolo orto rispetto a quello di Palermo, per esempio. Però è un orto molto ricco, in cui tutti gli spazi sono stati sfruttati».
Gli Orti Botanici si prendono cura del territorio
Ma esattamente cosa si fa all’Orto Botanico? «Gli Orti Botanici – continua la Picone – sono nati come Giardini dei Semplici, in cui si coltivavano le piante a scopo medico, poi sono diventati Giardini di Acclimatazione, per le specie esotiche. Se facciamo un salto nel tempo e arriviamo ai giorni nostri, l’Orto Botanico ha cambiato il suo ruolo.
Adesso si fa conservazione delle piante del territorio, delle specie rare e a rischio di estinzione. Ciò non toglie che abbiamo diverse collezioni che ci fa piacere far vedere al pubblico, per esempio la nostra collezione di piante grasse è probabilmente una delle più belle in Italia. Una collezione straordinaria».
Mentre si chiacchiera, la Picone ci conduce da uno degli alberi preferiti da chi lavora all’interno dell’Orto. «È – dice la Picone – la quercia (in foto) che si trova nei boschi delle nostre montagne. Questa è una quercia che fino a 15 anni fa era rivolta verso l’alto e poi piano piano si è adagiata. Si è aperta al centro ma continua a vivere. È un esemplare bellissimo». Assistere ad un evento del genere è incredibile. «Dobbiamo pensare che le piante in natura portano avanti la loro vita in modo, appunto, naturale. Poi invece in ambiente urbano, spesso l’uomo interviene e ne determina la distruzione».
Topping is bad – la capitozzatura è cosa cattiva
Per chi lavora all’Orto Botanico è quasi una sofferenza parlare di verde urbano. «Esiste – dice la Picone – una proposta di legge nazionale che proibisce la capitozzatura ma finché non diventerà legge potranno continuare a praticarla (come a Piazza Cairoli o lungo la Tommaso Cannizzaro, ndr.). La capitozzatura comporta la distruzione delle piante, a lungo andare e crea delle ferite da cui entrano i patogeni».
Preservare le piante dei Monti Peloritani
Al centro dell’attività dell’Orto Botanico c’è la conservazione delle piante dei Monti Peloritani. Una di queste è il Limonium. «La pianta simbolo dell’Orto Botanico di Messina è il Limonium, che cresce esclusivamente a Capo Alì. Noi più di vent’anni fa abbiamo raccolto i semi e l’abbiamo riprodotta all’orto quindi la stiamo conservando qui».
Chi lavora all’Orto Botanico, infatti, molto spesso va alla ricerca e alla scoperta di specie rare del territorio messinese per poterne conservare l’identità. Tra questi esploratori c’è anche Mario Crisafulli, collaboratore dell’Orto Botanico e autore di “MilazzoNatura”.
«Le piante mi danno forti emozioni da sempre. Nei miei ricordi – racconta Mario – più antichi ci sono gli alberi e la buona frutta del frutteto di famiglia, i cespugli di margherite che scoprivo per strada quando si andava a piedi dal nonno, i grappoli di pomodori ancora acerbi che furtivo e divertito staccavo dalle piante del nostro orto».
Dai gelsomini all’Orto
Mario Crisafulli ha la natura nel sangue. «Mia madre ha lavorato per molti anni della sua giovinezza nella raccolta dei fiori di gelsomino, e ancora oggi, orgogliosa e divertita, ci rinnova i sui affascinanti e curiosi aneddoti delle notti estive e autunnali vissute di lavoro, profumi e canti. (in foto, l’orto in vaso, progetto realizzato durante il periodo di pandemia dall’Orto Botanico di Messina)
Credo questo sia oggi un interessante documento orale, di un mondo rurale scomparso e di un’attività agricola, fra le principali del passato milazzese, che produsse, per molto tempo, materia prima per la nota industria dei profumi francesi». Da appassionato, Mario decide di intraprendere gli studi in scienze naturali.
«Lo studio accademico è arrivato, in realtà, relativamente di recente, dopo che, da amante della Natura, e della botanica in particolare, ho avuto modo di pubblicare, nel 2003, il mio libro “MilazzoNatura”, frutto di osservazione e censimento, durati circa dieci anni, sul territorio milazzese, di numerose specie di animali e, soprattutto, di piante con il supporto degli studiosi dell’Orto Botanico dell’Università di Messina».
Il ruolo culturale dell’Orto Botanico di Messina
Come avrete capito quindi, all’interno dell’Orto si muovono studiosi che mettono a disposizione della comunità le loro conoscenze per poter preservare l’identità naturale del territorio. Che di questi tempi – lasciatecelo dire – è fondamentale.
«Credo che l’Orto Botanico di Messina – dice ancora Mario – svolga un ruolo culturale molto importante nella nostra città. Ritengo esso una sintesi perfetta di ciò che oggi viene indicato come studio, conservazione e divulgazione di biodiversità vegetale. In questa opera, portata avanti con grande professionalità da Professori come Rosella Picone e Alessandro Crisafulli per un’area geografica di studio che comprende i monti Peloritani e le Isole Eolie, credo di potermi onorare di esserci, con il mio modesto contributo (per “un pezzettino”), per le specie botaniche “rare e a rischio di estinzione” che sono riuscito a censire negli ambienti naturali residui del territorio milazzese, da cui provengo.
Per il nuovo anno mi occuperò ancora di censimento di specie botaniche rare e “a rischio”, soprattutto per gli ambienti umidi costieri residui lungo i nostri litorali, sempre in collaborazione con l’Orto botanico, e farò anche ricerca, e coltivazione in vivaio, di piante per un “giardino medioevale” che spero di potere presto realizzare nella corte di uno dei castelli del Messinese». (in foto, quello che all’Orto Botanico viene chiamato l’albero della 13esima, perché perde tutte le sue foglie a dicembre)
La Cona di Natale dell’Orto Botanico
Mario ha collaborato alla realizzazione della tradizionale Cona di Natale, usanza natalazia tutta messinese. «Nella “Cona ‘i Natali” trionfano, come dono e ornamento, i dolci natalizi fatti in casa ma, soprattutto, i frutti degli alberi coltivati da secoli in Sicilia e molte bacche colorate, quasi sempre commestibili, che vengono raccolte da piante della nostra vegetazione spontanea a macchia mediterranea. In definitiva, per chi ama le piante, fare o osservare la Cona è come studiare o fare un divertente ripasso di botanica.
Per realizzare la Cona di Natale a casa vostra:
- un bambinello di cera o ceramica, o, in alternativa, dei bei pastori di ceramica di fattura siciliana;
- rami di asparago pungente (Asparagus acutifolius), detto spinapulici o sparacina, con cui fare una volta a cupola (u celu) sopra “la scena” della natività;
- canne con cui realizzare il telaio di supporto per la cupola;
- muschio;
- tanti frutti locali di stagione, come arance, limoni, mandarini, sorbe, corbezzoli, fichi secchi, melograni, noci, mandorle, nocciole e dei dolci tradizionali natalizi messinesi da inserire nella cupola o da fare pendere dalla volta;
- una tovaglia o una coperta da “corredo antico ricamato” di colore chiaro, con cui rivestire la parte bassa del tavolo su cui viene realizzata la Cona.
I tre consigli per prendersi cura della nostra piantina
Nella nostra lista del Natale 2020, abbiamo intenzione di prenderci cura di una piantina, se anche voi avete lo stesso desiderio, ecco i tre consigli dell’esperto:
- osservare molto e/o documentarsi sulla pianta (specie) che più ci sta incuriosendo e che,
quindi, decideremo di curare; - non chiedersi mai ogni quanto “devo mettere l’acqua”
- trovare il modo per “lasciare in pace”, di tanto in tanto, la nostra cara piantina.
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