Uno spazio educativo all’aperto, a contatto con la natura, non distante dal centro della città. A pochi giorni dalla chiusura del primo anno di “Naturè”, l’asilo nel bosco proposto dall’azienda agricola Villarè, il bilancio è decisamente positivo, così come le aspettative per il futuro. Ne abbiamo parlato con Angelo Villari, promotore del progetto.
Ha un nome che sa di fiaba, eppure questo progetto educativo lanciato pochi anni fa in via sperimentale a Ostia, in provincia di Roma, è oggi una realtà concreta e apprezzata in molte zone del nostro Paese, dove è stato replicato con successo. E da un anno anche Messina ha il suo “asilo nel bosco”: uno spazio educativo a cielo aperto e a contatto con la natura.
Il progetto messinese ha il nome di Naturè, che richiama quello dell’azienda agricola che lo ospita: Villarè, fattoria urbana e centro polifunzionale dove si svolgono molteplici attività legate alla valorizzazione della terra e del nostro legame con essa.
Si tratta di un luogo sorto grazie all’iniziativa di Angelo Villari, ex albergatore che ha deciso di cambiare vita, diventare agricoltore e dedicarsi a tempo pieno a questo posto situato nella zona di Minissale, a pochi chilometri dal centro, che a partire dall’ottobre 2017 è anche un’aula a cielo aperto.
Che cos’è Naturè e in cosa consiste questa proposta educativa?
Naturè è un progetto educativo all’aperto proposto della nostra azienda agricola e rivolto ad una fascia di età dai 2 ai 5 anni. I bambini trascorrono all’esterno il 95% del tempo, in qualsiasi condizione climatica, opportunamente equipaggiati. Hanno poi a disposizione una stalla coperta che è la loro base e che chiamano ‘tana’.
Tutte le attività sono orientate alla conoscenza del mondo esterno, in particolare della natura, e seguono alcuni canoni educativi ai quali ci siamo ispirati, prendendo esempio dall’esperienza di Ostia: lo spazio esterno come aula didattica privilegiata; una grande attenzione alla relazione; l’esperienza diretta come principio cardine della didattica; l’importanza delle emozioni; il gioco come veicolo didattico privilegiato e come strumento comunicativo maggiormente usato.
Quando siete partiti e che difficoltà avete incontrato all’inizio?
Siamo partiti a ottobre 2017 e il 22 giugno abbiamo concluso il primo anno. La difficoltà iniziale è consistita nel far comprendere alle famiglie – spesso ancorate a preconcetti sull’educazione dei propri figli – il valore di questo metodo pedagogico. Grazie agli open day che abbiamo organizzato e al passaparola degli educatori (provenienti da un mondo sensibile a questo tipo di approccio) siamo però riusciti a far partire il progetto. Abbiamo iniziato con cinque bambini e due educatori, quindi abbiamo fatto un investimento economico importante. Dopo questa partenza e grazie al passaparola siamo arrivati nel giro di 5/6 mesi a dieci bambini. Per il primo anno consideriamo questo numero un successo.
Puoi tracciarci un bilancio di questo primo anno appena concluso?
Il bilancio è assolutamente positivo. Non abbiamo avuto nessun abbandono. Tutti hanno confermato e tutte le famiglie sono felici perché i bambini hanno acquisito sicurezza, autonomia, autostima e capacità relazionali. I genitori hanno visto crescere i figli in un modo incredibile e molto più rapidamente di quanto avviene in qualsiasi altro asilo tradizionale. Per non parlare delle malattie: la media in un asilo al chiuso è di circa un mese o un mese e mezzo di malattia, e quindi di assenza. Da noi i bambini si ammalano molto meno.
Inoltre qui i bambini mangiano i prodotti del nostro orto, senza nessuna resistenza nel mangiare le verdure, come spesso avviene invece a casa. La colazione è preparata da noi e consiste in pane fatto in casa con miele: qui non esistono le merendine industriali. I primi sono a base di pasta integrale, farro o orzo. Proponiamo dunque anche un certo approccio all’alimentazione.
Che numeri prevedete per il prossimo anno?
Avendo già avuto nuove adesioni prevediamo di arrivare ad almeno 15 bambini, considerate anche le conferme dello scorso anno. Avremo poi più educatori: il nostro approccio prevede infatti un rapporto educatore/bambino molto alto. Per questo siamo partiti con due educatori, anche quando avevamo solo 5 bambini. Quando i bambini saranno 11 avremo già tre educatori.
Dall’apertura del primo asilo nel bosco in Italia, quello di Ostia, il progetto è stato replicato in poco tempo in tante parti d’Italia. Perché a tuo avviso c’è stata una così rapida diffusione di questo paradigma educativo?
Bisogna dire, innanzitutto, che la stragrande maggioranza di questi asili nasce dall’iniziativa di genitori con una sensibilità particolare e propensi ad offrire ai propri figli un’educazione all’aperto.
Un ruolo importante, poi, ha avuto sicuramente l’impegno profuso dai promotori dell’asilo del bosco di Ostia antica per la diffusione di questo metodo in Italia.
Infine, si assiste in generale negli ultimi tempi ad una forte tendenza da parte delle famiglie a far stare i bambini all’aria aperta, allontanandoli dagli smartphone e dai videogiochi. Si tratta di una tendenza che rispecchia l’aumento di consapevolezza verso l’importanza di uno stile di vita sano e naturale.
E da dove partire se non dall’infanzia?
Alessandra Profilio
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