Il Natale per un terrone fuori sede: quali sono i cibi irrinunciabili?

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Come può un terrone far capire cos’è il Natale per i siciliani a qualcuno del Nord? Come si può spiegare che non può essere considerata solo una festività religiosa, ma che Natale è anche famiglia, amore, amici, calore e, soprattutto cibo.

Sì, perché il cibo è una parte fondamentale del Natale. Al cenone di Capodanno si inizia a pensare da inizio dicembre.

Cosa cattu? Pisci o canni? (L’incubo di tutte le madri di famiglia)

E alla fine si compra pesce e carne. Perché il cenone di Capodanno e il pranzo di Natale sono un vero e proprio impegno che si assume la famiglia nei confronti degli altri membri, un impegno per le pietanze scelte, per la qualità offerta e anche un impegno economico, perché il cibo costa. Mica si può comprare il pesce surgelato per Natale, no, il pesce deve essere fresco e quindi si va dal pescivendolo di fiducia che “Signora è bonu, ciù dicu jò”.

E la carne? La carne deve piacere a tutti e le braciole, nella tavola di un messinese, non possono mancare mai. E il cotechino? Quello che non piace mai a nessuno ma mangiano tutti perché “porta soldi”.

Mangio cotechino e lenticchie da quando sono nata, a quest’ora dovevo essere miliardaria!

Per un terrone fuori sede il Natale diventa quasi una chimera. Un agognato momento dell’anno che si aspetta con ansia per abbracciare i propri affetti e per riassaporare quegli agognati cibi che non si trovano in nessuna altra parte d’Italia.

E quindi abbiamo pensato di stilare una lista dei cibi da mangiare quando “si torna a casa”, cercando di aiutare tutti i terroni fuori sede a non dimenticare neanche uno dei pasti irrinunciabili per un messinese.

  • La granita, come si può rinunciare alla granita? Quella messinese, le altre sono solo squallide imitazioni.
  • Le braciole, seconde ma non per importanza, le braciole ca muddica, che “pangrattato levati”.
  • I pidoni, quelli fritti nell’olio di tre quattro giorni prima. Che poi si dice pidone o pitone?
  • Gli arancini (e non arancine, non me ne vogliano gli amici palermitani), al ragù, in bianco, con il burro, con il formaggio e chi più ne ha più ne metta. No, non c’entra niente il supplì con l’arancino.
  • La focaccia tradizionale e rigorosamente con le acciughe.
  • I cannoli con la ricotta, la ricotta messinese non quella palermitana.
  • Il gelato, che anche se la Sicilia non è la patria del gelato vuoi mettere la bontà della gianduia?
  • La limonata al sale, una volta avremmo detto di Santino Limonata, ora va bene quella “del chiosco”.
  • La lasagna della mamma, come la fa lei, qualunque mamma, è inimitabile.
  • Le scagghiozze, che al Nord la polenta fritta non sanno cosa sia. Noi siciliani siamo per i cibi leggeri.
  • La pignolata, anche se non è carnevale perché a carnevale non c’è il tempo di “scendere a casa”.
  •  La Birra dello Stretto, perché portare il nostro marchio in giro per l’Italia è bello.

La Sicilia e Messina, non sono solo un luogo, sono un pezzo di cuore che resta “a casa” ogni volta che un terrone fuori sede parte per tornare al Nord.

 

Ho rubato diverse frasi dalla tradizione della mia famiglia,
ma penso coincidano con quelle di tutte le altre famiglie messinesi

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