Messina è fra le città italiane con il peggior stato di mobilità urbana. La notizia arriva dal rapporto MobilitAria 2018, presentato ieri a Roma. Realizzato dall’Istituto d’inquinamento atmosferico del consiglio nazionale delle ricerche (Iia-Cnr) e dal gruppo mobilità sostenibile del Kyoto Club, il rapporto rivela i livelli dell’inquinamento dell’aria e della mobilità in 14 città italiane, ovvero: Messina, Catania, Palermo, Reggio Calabria, Bari, Cagliari, Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Genova, Milano, Torino e Venezia.
Lo studio dimostra che la città dello Stretto è la seconda città siciliana con il più alto tasso di motorizzazione: 603 automobili ogni 1000 abitanti. A batterla è solo Catania, 684 veicoli ogni 1000 persone, che conquista il primo posto non solo in Sicilia ma in tutta Italia.
Questi numero potrebbero essere collegati alla questione trasporti pubblici. In tutte le 14 città analizzate nello studio, infatti, il trasporto pubblico è considerato insufficiente e inadeguato dai cittadini che, a quanto pare, preferiscono prendere l’automobile per spostarsi piuttosto che avventurarsi con autobus e tram.
Un dato su cui riflettere è anche quello della mortalità stradale. Tra le 14 città dello studio, Reggio Calabria è la città con più morti sulla strada (3), a seguire ci sono Cagliari (2,3), Catania e Messina con 1,7 morti su 100.
Capitolo inquinamento dell’aria. Grazie a delle stazioni di misurazione, posizionate sia nei punti di maggiore traffico che nelle zone limitrofe delle città, si è riusciti ad avere un quadro chiaro sul livello di inquinamento presente nell’aria.
A Messina, in particolare, sono state posizionate 6 le stazioni. Dai dati risulta che la zona con il maggiore superamento dei livelli di inquinamento consentiti dalla legge è quella posizionata alla Caronte. Niente di nuovo, insomma, vista l’intensità del traffico dovuta agli imbarchi. Secondo quanto precisato nel report non è stato però possibile creare un quadro complessivo dell’ inquinamento in città a causa di molti dati mancanti nell’arco temporale preso in esame (2006-2016) e per la discontinuità che caratterizza le informazioni ricevute.
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