Messina ha il suo nuovo arcivescovo: si è insediato monsignor Accolla

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Monsignor Giovanni Accolla è ufficialmente il nuovo arcivescovo di Messina. La cerimonia d’insediamento è iniziata alle 17 in Cattedrale dove è stata celebrata la Santa Messa insieme al  cardinale Paolo Romeo, arcivescovo emerito di Palermo e monsignor Luigi Benigno Papa, che fino ad oggi ha amministrato la chiesa messinese. Nonostante il maltempo, presente una folta rappresentanza di fedeli, ma anche di amici e parenti di Accolla, provenienti dalla diocesi di Siracusa, da cui il nuovo Arcivescovo proviene.

Ad accogliere il nuovo arcivescovo davanti alla porta del Duomo, il sindaco Renato Accorinti che ha pronunciato l’eloquente frase “Ti aspettavamo”.

Sentito il discorso iniziale che Accolla ha rivolto ai presenti dopo aver ringraziato Papa Francesco, mons. Antonio Raspanti e mons. Benigno Papa.

 

 

Vengo a voi come un Pastore che desidera stare tra le sue pecorelle, custodire quanti stanno nel recinto della Chiesa, raggiungere le lontane per ricondurle a casa portandole sulle spalle, e accompagnarle tutte verso i pascoli migliori: i pascoli del Vangelo, della vita nuova. E poiché so che il cammino può essere faticoso e impegnativo, mi sono portato nella bisaccia tre cibi spirituali. Per non dimenticarmene, li ho scelti per il mio stemma episcopale e, in questo momento, mi piace raccontarveli perché mi aiutiate a farne sempre memoria.

Il primo segno, ovvero il primo sostegno spirituale per me e per tutta la nostra Chiesa, è la croce di Cristo. Sembra un paradosso che la croce, uno strumento di morte, possa costituire un qualcosa che dà vita, un appoggio nelle difficoltà, una speranza di futuro. In realtà, il Crocifisso si comprende alla luce delle parole stesse di Gesù: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Da vescovo porto al collo la croce di Cristo: è vuota, perché ho fede che chi muore con Gesù, con lui anche risorgerà (cfr. Rm 6,8). Lo testimonia l’alfa e l’omega, che accompagnano la croce e che richiamano la storia dell’umanità dall’inizio alla fine: non siamo noi i padroni della storia, ma Dio Padre. A noi spetta il compito di vivere come suoi figli, compagni di viaggio di Gesù per le strade del mondo, nello Spirito che dà la vita.

Il secondo segno, che sento come un altro indispensabile cibo spirituale, è la barca: questa è simbolo della Chiesa. Una Chiesa che prende il largo senza paura: la barca non è fatta per restare ormeggiata. Lo sanno meglio di tutti quelli di noi che vivono nelle Isole Eolie: sanno che l’impeto del mare a volte è spaventoso. Eppure sanno che un buon nocchiero sa domare persino i cavalloni più alti. Così è nel Vangelo. Solo Gesù può dire al mare in tempesta: «Taci, calmati» (Mc 4,37). E solo lui può dirci con altrettanta decisione, ma anche con affetto: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (Mc 4,40). Mi porto nella bisaccia questa immagine di Chiesa: una barca che ha preso il largo e che quindi a volte può essere soggetta ai marosi. Ma questa barca ospita Gesù, il Timoniere della storia. E noi siamo tutti su quella stessa barca, chiamati a fidarci di lui e a remare insieme nella stessa direzione per attraversare il mare e raggiungere il porto sospirato. Il Vangelo non dice quanti fossero i discepoli sulla barca: ho pensato che questo silenzio voglia indicare che nella Chiesa c’è spazio davvero per tutti. La Chiesa è maestra di accoglienza dell’altro più lontano e madre che educa principalmente i suoi figli a vivere da fratelli. Il nostro impegno primario come presbiterio è rivolto a saper collaborare, per il bene gli uni degli altri: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Per questo mi piacerebbe che la barca della Chiesa di Messina – Lipari – S. Lucia del Mela portasse sulla sua prua dipinta questa frase di San Paolo: «Gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Rm 12,10). Sarebbe questo il modo concreto per vivere il Vangelo nella Chiesa e per farci conoscere da un mondo sempre più bisognoso di amore.

Il terzo segno – se posso dire così – che mi porto nella bisaccia di vescovo è Maria, la Madre di Gesù. Soprattutto la mia vita sacerdotale è segnata dalla compagnia materna della Vergine Santissima: dalla prima educazione cristiana a casa, alla formazione teologica e spirituale in Seminario, alla mia ordinazione sacerdotale fino a quella episcopale nel Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa, dove ho anche svolto parte del mio ministero presbiterale. Oggi mi sento nuovamente abbracciato da una Madre, a cui qui a Messina potrò rivolgermi con il titolo venerabile di “Madonna della Lettera”. Mi piace immaginare che, nel tempo che il Signore mi concederà, io sappia scrivere insieme con tutti voi una lettera di ringraziamento a Maria. Direi di più, vorrei che voi stessi foste la mia lettera, come ebbe a dire san Paolo rivolgendosi ai cristiani di Corinto: «Voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani» (2Cor 3,3).

Oh Vergine Maria, Madonna della Lettera, prega per noi.

 

 

 

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  1. il card. Romeo non era presente, al suo posto S.E. Mons . V. Mondello Arcivescovo emerito di Reggio Calabria

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