Ieri a Messina e in tutta Italia indossare una maglietta rossa ha avuto un significato ben preciso: un messaggio di solidarietà e accoglienza, per “fermare l’emorragia di umanità”, una richiesta di diritti per i migranti che ogni giorno attraversano il Mediterraneo.
A lanciare l’iniziativa #magliettarossa, cui hanno aderito anche tantissime associazioni della città dello Stretto, è stato don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, che ha invitato l’intera Penisola a indossare una maglietta rossa nella giornata di oggi per mandare un segnale all’Europa e al governo italiano, chiedendo una politica dell’accoglienza diversa, “capace di coniugare sicurezza e solidarietà”.
Così ieri pomeriggio, a partire dalle ore 18.30, decine di messinesi si sono recati alla passeggiata a mare indossando indumenti di diverse gradazioni di rosso e si sono seduti sulle scalinate della Batteria Masotto per far sentire la propria voce e ascoltare le parole dei rappresentanti delle principali associazioni promotrici dell’iniziativa cittadina, quali Libera, Anymore Onlus, Arci, Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia) e Legambiente, per citarne alcune.
Ma perché proprio una maglietta rossa? A spiegarlo, nel corso del pomeriggio, è stato Domenico Siracusano di Anymore Onlus: «Rosso è il colore dei vestiti che le mamme fanno indossare ai bambini prima di intraprendere il viaggio attraverso il Mediterraneo, in modo da renderli visibili e facilitare un eventuale salvataggio».
Dopo un primo intervento introduttivo, il megafono è passato da Domenico Siracusano a Peppino Restifo, docente di Storia Moderna all’Università degli Studi di Messina e rappresentante di Anpi, e poi a Rossana Chillemi, del circolo Arci. Elemento comune a quasi tutti gli interventi, programmati e non, è stato il riferimento alla Costituzione della Repubblica Italiana e, in particolare, all’articolo 10, che sancisce il diritto d’asilo: «È questa – si è sottolineato – la strada da cui dobbiamo ripartire».
Le tante voci che hanno animato la manifestazione, tra cui quelle di studenti, docenti e operatori del sociale, si sono soffermate sui motivi delle partenze dall’Africa e dal Medio Oriente, sulle condizioni di vita e le difficoltà del viaggio, per poi puntare l’attenzione sulle responsabilità dell’occidente. Nella speranza di un cambiamento di rotta, inoltre, nel corso del pomeriggio sono state raccolte diverse firme per la petizione “Welcoming Europe: per un’Europa che accoglie”.
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