La festa dei morti in Sicilia e nel mondo
Alle origini della commemorazione dei defunti, perché si celebra il 2 novembre
La morte è qualcosa con cui tutte le società del mondo si sono sempre dovute confrontare. È un momento di crisi che sconvolge e stravolge la quotidianità, un evento doloroso cui le comunità fanno fronte attraverso miti, riti e comportamenti che si tramandano nel tempo e che servono a ristabilire un equilibrio. È proprio in quest’ambito che si colloca il culto dei morti, in generale, e la commemorazione dei defunti, in particolare.
«La festa dei defunti – spiega il professor Geraci – si lega alla ritualità funebre e del cordoglio, a miti e comportamenti atti a fronteggiare, superare, contenere gli sconvolgimenti, le crisi recate dalla morte a livello domestico e sociale in genere; ma è anche una commemorazione fortemente legata al tema della memoria. Tutte le società per esistere devono sviluppare, appunto, un “culto della memoria”, devono avere una storia, devono stabilire una cosmogonia, un mito delle origini, devono inventarsi una serie di strategie rituali, storiche, per ricordare, per stabilire dei rapporti di continuità con ciò che è passato che serve a costruire il futuro». Sono questi, quindi, due degli aspetti principali cui si lega il culto dei defunti, il bisogno di superare la crisi legata alla morte dei propri cari (e alla morte in generale) e, al tempo stesso, la necessità di tramandare i valori dei propri antenati.
Il culto degli avi, in sé, ha in realtà radici antichissime, ma volendo fissare una data di origine per la “Festa dei morti”, quantomeno per quel che riguarda il mondo cristiano si può risalire al Medioevo. «La leggenda – racconta il professor Mauro Geraci – narra che nel 998 d. C., l’Abate di Cluny, Odilione, si trovasse in viaggio per la Terra Santa. In nave, giunto in un mare prossimo alla Sicilia, fu travolto da una terribile tempesta, naufragò come Ulisse in una piccola isola, perse i sensi e venne soccorso da un eremita, che lo portò presto in salvo. Questi, al suo risveglio, gli spiegò come la tempesta fosse stata causata dalle anime dei defunti, da quelle del Purgatorio cui Odilione era già devoto. Anime purganti, vaganti, irrequiete perché sospese in una terra di mezzo, tra terra e cielo, tra inferno e paradiso. Fu l’Abate di Cluny, poi, come omaggio per la grazia ricevuta, a fissare al 2 novembre la commemorazione dei defunti, accostandola alla festa di Ognissanti, per la quale Papa Gregorio aveva stabilito la data del primo novembre».
Il Culto delle Anime del Purgatorio
Alle Anime del Purgatorio è legato il culto praticato a Napoli e originato nel ‘600 all’interno della Chiesa di Santa Maria ad Arco. Qui, ci spiega il prof. Geraci, i vivi si prendono cura dei morti “anonimi” che non hanno avuto un funerale degno e hanno bisogno di essere accuditi. Fino a tempi recenti, le persone si recavano al Cimitero delle Fontanelle di Napoli, dove si trovano i teschi delle cosiddette “anime pezzentelle”, per prendersi cura di loro, pulirli, vestirli di cappelli e collane, portare loro dei fiori, l’acqua, pane, dolci secchi. In cambio, si ricevevano grazie, o addirittura i numeri del lotto.
Ma tornando alle origini della Festa dei Morti: «Una diversa interpretazione – ricorda il prof. Geraci – la collega al Capodanno. Capita nel momento dell’anno in cui finisce l’estate e inizia l’inverno, comincia un ciclo difficile da gestire, a livello produttivo e a livello economico, finisce la luce e si va verso il buio. Si tratta di un periodo delicato, che si cerca di controllare attraverso festività come quella dei defunti o Halloween, celebrazione di origini celtiche».
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