Dal 31 gennaio, anche per i messinesi volati nel Regno Unito, è entrata in vigore la Brexit. Processo che ha sancito l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Noi abbiamo chiesto a sei messinesi che vivono tra Londra e Dublino cosa ne sarà di loro e cosa significa per loro essere europei.
Gli italiani nel Regno Unito
Secondo le ultime stime, dovrebbero essere circa 700mila gli italiani presenti nel Regno Unito. Noi abbiamo intercettato sei messinesi che vivono tra Londra e Dublino per farci raccontare i cambiamenti della Brexit. Il processo che ha sancito l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
Un prof. a Londra – la Brexit di Serena Merrino
La messinese Serena Merrino, ha 31 anni e vive da 5 anni e mezzo a Londra. Dal 2014, infatti, dopo il dottorato ha iniziato a fare la ricercatrice e la docente di Economia Politica alla University College London.
«Sono abbastanza disorientata. L’informazione che arriva da tre anni a questa parte (dal referendum) è stata confusa ma anche rassicurante per certi aspetti. Il Settlement Status dovrebbe essere facile da acquisire e fra 5 anni dovrebbe dare accesso alla residenza permanente. Ancora non l’ho compilato, sembra che il personale accademico appartenga a una categoria “protetta”.
Londra è una bolla, è diversa dal resto del Regno Unito. Una città fatta di mille lingue usi e costumi dove gli inglesi non sono che la minoranza più grande (45% della popolazione totale). Londra per sua propria natura è contraria alla Brexit, integra e accoglie (senza assorbire) le differenze dei milioni di persone che la abitano.
Mentre i profitti di banche e multinazionali sono cresciuti gonfiando i numeri del PIL, i lavoratori salariati e le piccole imprese hanno dovuto combattere per la sopravvivenza. In termini pratici, mentre i prezzi delle case e del trasporto salgono alle stelle, si tagliano i fondi alla scuola e ai servizi sanitari per il pubblico. La forbice fra redditi alti e bassi si sta allargando e, come sempre in questi casi, si crede che chiudendo le porte di casa ci si salvi. Invece, si risolverebbe tutto creando delle regole per redistribuire la ricchezza e i frutti del lavoro dalle mani di pochi privilegiati a quelle di molti cittadini che la politica ha impoverito.
Da siciliana, faccio fatica ad associare la mia cultura a quella dell’Europa non mediterranea. Europa per me ha un significato prevalentemente pratico: significa avere libertà di muovermi e lavorare ovunque. Non trovo diverso fare un fine settimana a Firenze o a Madrid. Credo che questo sentimento sia una grande conquista del presente. Quando mi sposto in altri continenti invece riesco a cogliere le similitudini: la ricchezza culturale, l’arte, lo stato sociale, i centri storici, gli spazi pubblici, il piacere del bello. E mi rendo conto che apprezzo la nostra capacità di vivere insieme e fare comunità. I momenti di tensione sociale sono inevitabili, ma vanno risolti abbracciando e dando una giusta forma al cambiamento, piuttosto che reprimendoli».
Tra incredulità e curiosità – la Brexit di Luciano Musumeci
Luciano Musumeci, 35 anni di Messina, vive da più di 7 anni a Londra. Si occupa di strutture offshore per la produzione energetica, di progettazione e di consulenze a gruppi finanziari.
«Ricordo ancora il giorno dopo il risultato del referendum: arrivai in ufficio come tutte le mattine e c’era incredulità e sgomento tra i miei amici e colleghi. I britannici sono sempre molto bravi a nascondere le loro emozioni, tuttavia quel giorno era diverso e mi ritrovai presto a confortare un collega inglese che stava piangendo per il risultato! Era la prima volta (e fino ad ora l’unica) che vedevo lacrime nel quartiere della City qui a Londra.
L’atmosfera che si respira in città è cambiata. Tanti amici e colleghi europei hanno già lasciato negli anni passati e credo che molti andranno via nei prossimi anni. Per quanto mi riguarda, nonostante tutto, io qui continuo a sentirmi pienamente a casa. Ho le mie abitudini, i miei riti, il pub di riferimento (con birra annessa), ancora molti tra gli amici più cari e i miei ristoranti preferiti. Se in futuro non dovessi sentirmi più così allora riaprirò la cartina dell’Unione Europea.
Ci sono diversi fattori che hanno influito sul voto: primo “colpevole” tra tutti è il nazionalismo inglese (non britannico) che ancora non ha trovato una sua voce ed ha usato il voto al referendum come primo vero momento di ribellione. L’inglese medio si sente (a mio avviso erroneamente) maltrattato ed un po’ sconfitto all’interno del Regno nei confronti dei cittadini delle altre nazioni (a partire dagli scozzesi) e questo è stato un modo per rivendicare la sua (presunta) centralità. Più in generale però, la Brexit non è altro che un grido d’aiuto da parte di chi è stato trascurato dalla globalizzazione ed è “rimasto indietro”.
Come società umana dovremmo tutti cercare di trovare delle soluzioni alla crescente disuguaglianza sociale prima che sia troppo tardi. Essere europeo è una questione di identità. Ho passato gli ultimi 15 anni (ahime’ come passa in fretta il tempo) vivendo in 5 città diverse in Europa e mi sono sempre sentito benvenuto ed a casa, quindi non potrei dire altrimenti. Ho già compilato il Settlement Scheme».
Nessun cambiamento – la Brexit di Federica Parisi
La 32enne Federica Parisi è arrivata da Messina al Regno Unito da poco più di nove anni ed è a capo del servizio clienti di un’azienda vegana che si occupa di supplementi nutrizionali.
«Credo che la Brexit influisca di più sulla gente che si è stabilita in Gran Bretagna da meno di 5 anni. Personalmente non ho subito alcun cambiamento, né a livello personale né lavorativo. Ho completato il Settlement Scheme parecchi mesi fa, a Maggio 2019, e mi sono state richieste ulteriori informazioni/documenti. Nonostante io stessa abbia tardato leggermente nell’inviarli, a Luglio 2019 il processo è stato completato e il mio Settled Status approvato!
Credo che la decisione di votare favorevolmente per la Brexit sia stato dovuto alla paura dell’immigrazione non messa in regola, per cui probabilmente – ahimè – un po’ d’ignoranza generale e timore dell’aumento della criminalità. Le statistiche hanno dimostrato che i sì alla Brexit sono arrivati maggiormente dai britannici più anziani e più conservatori. Credo anche che la gente non sappia che il 15% dei residenti nel Regno Unito non sia nato lì! E ci trovi un po’ dappertutto, non solo a Londra!
Essere europeo per me significa far parte di una cultura che si diversifica nazione per nazione, ma che è unica per se. Recentemente ho viaggiato in Asia, e nonostante il Regno Unito e l’Italia abbiano le proprie differenze, certamente ho notato uno stacco maggiore, culturale ed estetico, con arte e strutture, urbane e sub-urbane nettamente diverse, ma come comunità e a livello lavorativo. Credo ci sia ancora tanto rispetto fra le diverse culture e nazioni ma spesso la politica ci mostra alcuni lati di noi (in questo caso mi riferisco ai britannici) che non sono necessariamente realistici».
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