«E’ sconcertante, oltre che altamente ingiusto, aver appreso che il sostegno previsto dallo Stato per fronteggiare un momento di gravissima emergenza sanitaria che sta sconvolgendo intere famiglie, sono riservati a tutte le categorie, tranne che agli iscritti alle casse di previdenza private non in regola con i versamenti contributivi». Commenta amaramente Pino Falzea, presidente dell’Ordine degli architetti di Messina che, a nome di tutto il Consiglio, ha scritto una durissima nota ai ministri dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri e delle Politiche Sociali Nunzia Catalfo chiedendo di modificare con urgenza il decreto collegato all’art. 44 del DPCM 17 marzo ’20 approvato nel pomeriggio di ieri e che prevede, appunto, l’impossibilità di richiedere il sostegno per tutti quei professionisti iscritti a casse previdenziali differenti dall’Inps che non siano in regola con il versamento dei contributi.
«Quanto decretato – dichiara Falzea – è di una gravità inaudita perché la misura prevista dal Governo esclude proprio chi in questo momento ne ha più bisogno, ovvero tutti quei professioni che, a causa di una crisi strutturale, che da oltre 10 anni ha investito le libere professioni, non sono riusciti a versare i contributi per la propria pensione. Non si tratta di contribuenti che non hanno assolto al loro dovere nei confronti di propri dipendenti – continua Falzea – ma di chi non ha potuto mantenere una regolarità contributiva personale, proprio perché più svantaggiato economicamente».
In questo quadro l’Ordine degli Architetti di Messina sollecita i due Ministeri specificando che «Questo momento non è drammatico solo per chi è in regola con la propria Cassa di previdenza privata, lo è a maggior ragione per chi non lo è. D’altronde – si sottolinea nella nota inviata a Roma – l’esclusione dei professionisti non in regola con i contributi appare ancora più assurda alla luce delle previsioni dell’art. 27 del DCPM 17 marzo 2020 n. 18 che non richiedono alcuna regolarità contributiva ai professionisti iscritti alla gestione separata».
«Si tratta di un’ingiusta discriminazione – conclude Falzea – che, in un momento di grandi sofferenze, marca differenze inammissibili tra cittadini di uno stesso, grande Paese, mentre dovremmo godere tutti degli stessi diritti».
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