La Mafia, a Barcellona, non muore mai. La cupola della provincia messinese rimane lì, in zona Longano. Una organizzazione criminale radicata nel territorio, con propaggini che si estendono ad altre province, come Palermo e Catania, dove il crimine è firmato Cosa Nostra.
È quanto viene fuori dalle dichiarazioni del vice presidente della Commissione parlamentare antimafia, Claudio Fava, ieri a Messina, al vertice in Prefettura iniziato alle 15 e conclusosi in tarda serata. C’erano i magistrati della DDA, c’era il procuratore capo Guido Lo Forte, c’erano le massime autorità impegnate nella lotta alla criminalità. Si è parlato di appalti pubblici, che danno il grosso del guadagno alla mafia; del controllo esercitato dalle cosche sui lavori, che si aggiudicano con metodi mafiosi. Si è parlato anche del business dei rifiuti; della nuova lettura di un omicidio eccellente, quello del giornalista Beppe Alfano, sul quale il boss pentito Carmelo D’amico ha svelato inediti retroscena che scagionerebbero l’uomo condannato per quel delitto.
“Tra tutti, c’è un elemento che inquieta – ha detto Fava – è la crescita di una borghesia mafiosa, cioè di mafiosi che fanno gli imprenditori”. Dal vertice è venuta fuori la preoccupante ripresa dei clan nebroidei: Tortorici, Mistretta, nonostante operazioni che ne hanno decapitato le cosche, si riaffacciano sulla scena del crimine. Si ricompongono, con personaggi emergenti, magari figli della vecchia cupola che utilizzano nuovi metodi.
Un ruolo gregario, invece, quello del crimine messinese. La città punta sulla droga, le estorsioni, l’usura, ma l’allarme è dato principalmente dalla presenza di affiliati a gruppi criminali tra il personale di aziende addette ai servizi pubblici. Un territorio controllato anche quello messinese, dunque. Il procuratore capo, Lo Forte, si è soffermato su quello che ritiene essere l’elemento di maggiore contrasto nella lotta alla mafiosi: il sequestro e la successiva confisca dei patrimoni mafiosi. Un dato a sostegno: solo negli ultimi anni, sul territorio messinese, circa due miliardi di euro sono stati sottratti alla gestione criminale. Solo così si può frenare l’avanzata dei “mafiosi che fanno gli imprenditori”.
Certo, ieri all’incontro con l’antimafia non si poteva ignorare quella che rimane una piaga nella lotta ai clan: la carenza di organico dei magistrati. Ne hanno parlato due magistrati, il sostituto procuratore di Barcellona, Francesco Massara, e il procuratore capo di Patti, Rosa Raffa. Oggi la commissione farà tappa nella capitale della Mafia: Barcellona.
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