Falchi, aquile e cicogne sono solo alcune delle specie che, per circa due mesi l’anno, tra aprile e maggio, sorvolano lo Stretto di Messina di ritorno dall’Africa subsahariana. Insieme al Bosforo e a Gibilterra, infatti, lo Stretto che separa la Sicilia dalla Calabria è uno dei più importanti teatri della migrazione.
Da più di 30 anni un gruppo di volontari vigila su questa rotta migratoria, protegge la fauna dai bracconieri e cura gli animali feriti per poi liberarli, quando possibile. Quando le ferite riportate non sono invalidanti o fatali. Nel 2003 quegli stessi volontari hanno fondato l’Associazione Mediterranea per la Natura, che oggi si occupa di tutela ed educazione ambientale nel territorio dello Stretto, tra i Nebrodi e l’Aspromonte, e nel resto d’Italia e che gestisce, per conto dell’Azienda Regionale Foreste Demaniali, un Centro di Recupero della Fauna Selvatica. Il Centro si trova a poche centinaia di metri dal bivio che da Messina conduce ai Colli San Rizzo e al suo interno trovano riparo e cure uccelli, mammiferi e rettili. La struttura svolge, inoltre, l’importante attività di monitoraggio della migrazione, gestendo e aggiornando annualmente una banca dati utile per interpretare le abitudini migratorie di alcune specie.
«È la battaglia di una vita» racconta con trasporto Anna Giordano, uno dei soci fondatori, di origini messinesi, che già da giovanissima ha iniziato a occuparsi dei diritti degli animali. Adesso lavora per il WWF, per cui dirige l’area protetta delle saline di Trapani, e nel 1998, grazie al suo impegno, ha ricevuto il Goldman Enviromental Prize. «Nel 1981– racconta – quando ho scoperto che era in atto una vera e propria strage dei rapaci sono rimasta sconvolta. Ero una ragazzina, non sapevo che lo Stretto fosse una rotta migratoria così importante, né potevo immaginare la totale mancanza di scrupoli di molti bracconieri. All’epoca, tra l’altro, non esistevano centri di recupero in Sicilia: quando ho soccorso il primo nibbio bruno ferito l’ho dovuto mandare a Parma». C’era, sì, una legge a tutela della fauna selvatica, ma c’era anche una certa tolleranza verso chi la infrangeva, conseguenza di una cultura diversa, sicuramente meno attenta all’ambiente e alle necessità degli animali.
Molte specie migrano in Africa per passare l’inverno e quando tornano in Europa, in primavera, hanno già subito una selezione naturale: «Tra tempeste, fame e predatori, non tutti ce la fanno – spiega Anna Giordano – A questo si aggiungono i pericoli artificiali creati dall’uomo, dalle pale eoliche alla caccia incontrollata. L’impegno di questi anni è stato rivolto proprio alla sensibilizzazione verso queste tematiche, e ritengo si siano fatti grandi passi avanti, ma c’è ancora molto da fare».
E si è trattato di una vera battaglia, come racconta Anna, fatta di momenti difficili, minacce e atti intimidatori, dalle ruote della macchina tagliate alla Panda bruciata, ma che ha portato a un cambiamento culturale effettivo, tangibile. Basta guardare i numeri: il censimento del 1984 riportava 3.198 rapaci, mentre tra il 2008 e il 2012 si è arrivati a cifre annuali che segnano più di 30.000 individui contati, fino a raggiungere poi il picco di 45.000 nel 2015.
«Questi successi, però, – continua Anna Giordano – non devono portare ad abbassare la guardia, i bracconieri ci sono ancora e i pericoli per gli animali sono tanti. Occupare indiscriminatamente il territorio, per esempio, continuare a costruire, toglie spazio agli uccelli migratori che, oltre a sorvolare oceani e città, hanno bisogno di posti sicuri in cui stanziare, riposare e nutrirsi. E di certo non mangiano cemento».
In primavera, sui Monti Peloritani, l’Associazione organizza da anni, in collaborazione con il Wwf e la NABU (Nature And Biodiversity Conservation Union), un “Campo internazionale per la protezione dei rapaci e delle cicogne in migrazione sullo Stretto di Messina”, dedicato ad appassionati più o meno esperti. Il Campo è un’occasione per osservare la migrazione delle diverse specie che transitano sullo Stretto e per partecipare a gite turistiche, tour enogastronomici ed escursioni naturalistiche.
«Il momento più bello dell’attività di recupero della fauna – conclude Anna Giordano – è quando le si può restituire la libertà».
(Foto © Associazione Mediterranea per la natura)
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