Rose Galante è una psicoterapeuta californiana, che in un libro – “Perche non lo lascio” – ha affrontato il tema della violenza di genere, oggi definita femminicidio”.
Qualche giorno fa, a Villa Mallandrino-Cianciafara, a Zafferìa, restaurata dal suo proprietario, Amedeo Mallandrino, in parecchi abbiamo assistito alla recita di Rose, che ha impersonato se stessa, e di un’ attrice che ha svolto il ruolo della persona in cura. E’ stato terapeutico.
Eravamo in un bellissimo luogo: Villa Mallandrino-Cianciafara, a Zafferìa, restaurata dal suo proprietario, Amedeo Mallandrino, con dispendio di mezzi che investe, non solo per sé ma per la città.
Michaela Stagno d’Alcontres, in rappresentanza dell’Istituto Italiano dei Castelli, ci ha ricordato che da sempre esiste la violenza, anche nei luoghi dove la bellezza e la cultura regnano o dovrebbero regnare. Ci ha parlato di “donne imprigionate nelle segrete stanze” dai loro uomini, donne punite e segregate, donne che non se lo meritavano ma che, comunque, hanno diritto ad essere amate come, ha ricordato Michaela, ha amato Gesù l’adultera, salvandola dalla lapidazione.
Ed io, come avvocato, aggiungerei che, dietro l’ adulterio di una donna, esiste una solitudine infinita ed ingiustificata.
Rose Galante, attraverso la sua recita, ci ha fatto vivere la storia di una vittima e la storia della sua cura-terapia.
Donna maltrattata, donna che si fa maltrattare: non le piace, è un falso che la vittima di violenza ami la violenza, è un falso che la vittima provochi la violenza.
Forse è vero che bisogna distinguere tra le varie situazioni di violenza, tenendo sempre a mente che la violenza mai è giustificata.
Perché, diciamocelo, se una donna è soggetta a violenza, nella cultura comune, le si cerca e le si addossa la colpa: forse se l’è cercata? Forse se la meritava? Ed in alcuni casi i processi inducono a pensare in questo modo. Ho letto recentemente che in Turchia è stata vietata la minigonna perché “induce alla violenza”. Ho seguito casi di donne malmenate, abbiamo fatto denunce, ma sono passati mesi prima di avere risultati, nel frattempo le mie povere assistite son “scappate” insieme ai figli. E qui, il discorso sui tempi della giustizia penale sarebbe da affrontare in ben altri ambiti. E’ risaputo infatti che molte delle donne “uccise” dai loro partner avevano sporto una “inutile” denuncia contro il loro uomo, che è purtroppo arrivato prima della giustizia, con la sua mano armata di odio e una immotivata vendetta-rabbia-possesso.
Non è facile parlare di violenza sulle donne e neanche identificare la violenza. Che ha varie vesti, non solo fisica ma anche mentale, e che comunque non ha mai una ragione, per cui se ti dicono: lei se l’è chiamata, sappi che chi è soggetto a violenza è in un tale stato di paura che “MAI” si sognerebbe di provocare l’abusante.
Il circolo vizioso che si crea è tale che il soggetto violento tesse la sua trama attorno alla vittima, la isola dagli altri, famiglia, amici , tessuto sociale, le instilla sensi di colpa, fino ad averla del tutto nelle sue mani. L’ultima, e gravissima violenza, in caso di fuga della vittima, è l’accusarla di essere “pazza” o traditrice, ovvero entrambe le cose, violenza ancora maggiore se si pensa ai sensi di colpa e ai danni già provocati nella vittima.
Tanto possiamo fare per le donne vittime di violenza, per aiutarle ad uscire e scappare, possiamo soprattutto credere in loro e circondarle di amore ed affetto, perchè alla fine è la ricerca di un falso affetto a farle cadere in questa orrenda trama, per la quale l’abusante le priva di tutto, della dignità, della autostima, della femminilità.
A volte, anche l’ambiente socio-culturale favorisce il fatto di tenere “sotto” una vittima: non far male ai figli, ad esempio, può essere una molla, il giudizio delle altre donne, che subiscono, o accettano, situazioni non di abuso ma di indifferenza e sono pronte a giudicare l’altra, il mancato solidarismo tra donne, la cultura religiosa, portano a sopportare al di là del sopportabile.
Parliamo poi di alcuni confessori, di alcuni rappresentanti delle Forze dell’Ordine, che quando accolgono le voci, flebili e disperate, di vittime di violenza rispondono in termini assurdi: “E’ suo marito, vedrà che tutto si sistema…” togliendo quindi l’ultima e, in alcuni casi, l’unica energia per reagire.
Quante gelosie malriposte, quanti sospetti derivanti da una mente malata, che portano la vittima alla negazione della propria femminilità, quanto dolore!
Tante e troppe volte, la causa della soggezione ineludibile a violenza dell’uomo, per una donna vuol dire ( e ce lo spiega egregiamente la dott. Galante nel suo libro) un trascorso di rapporto difficile, di vuoto o di ulteriore violenza con il proprio padre. Volere a tutti i costi una carezza, un affetto che si reputi tale, innesta, in soggetti ulteriormente disturbati, un rapporto di coppia malato.
Quando un essere umano, tanto più se donna, riesce a trovare se stesso, riesce a scoprire i motivi del “perché non lo lascio”, e riesce a scappare, come a Villa Cianciafara-Mallandrino, ieri sera, nella simulazione di una terapia realmente praticata, assistiamo alla rinascita della donna, in un equilibrio importante tra amare se stesso almeno quanto si ama l’altro.
Come in fondo le terapeutiche parole semplici del Padre Nostro ci inducono a riflettere sull’equilibrio dell’Amore per l’altro e l’Amore per se stessi.
Leggere per credere. Il ricavato del libro è stato destinato al Telefono Rosa, centro ascolto per la violenza sulle donne.
Paola Magaudda
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