Tra un mese tornerà la scuola (in presenza). Le linee guida e le indicazioni di ministero della Salute, ministero dell’Istruzione, ISS e Conferenza delle regioni sono cambiate rispetto all’anno scorso. La novità principale, ad esempio, è l’addio all’obbligo di mascherina a scuola per studenti, insegnanti e personale ATA, tranne per i più fragili. Eppure, per il Comitato Scuola in Presenza non è ancora abbastanza e il rischio di tornare al ricorso a misure draconiane esiste.
«Il nostro Comitato – si legge in una nota del presidente Cesare Natoli – considera le indicazioni scolastiche ancora non pienamente soddisfacenti in quanto si prevede uno scenario 2 (in caso di innalzamento dei contagi) col ritorno di restrizioni; tuttavia, va registrato, come elemento positivo, che gli studenti e le studentesse non avranno più obbligo di mascherina, perlomeno a settembre».
«Una buona notizia – continua – per i nostri bambini e le nostre bambine, per i ragazzi e le ragazze. Ma si tratta, appunto, di ciò che è previsto nello scenario 1: in una condizione, cioè, di relativa tranquillità epidemiologica. Se la situazione evolve in peggio si passerebbe allo scenario 2. Ma, ci chiediamo, chi deciderà e su quali basi quando lo scenario è mutato? E inoltre, perché dare spazio nuovamente a pericolose interpretazioni localistiche dei provvedimenti sanitari sulla Scuola? (perché questo consentirebbero le indicazioni appena pubblicate)».
Si domanda il Comitato: «Chi stabilisce l’entità di sintomi sulla cui base far mettere la mascherina agli alunni? I docenti, i Presidi? E poi, in questi casi non si parla più nemmeno del Covid in via esclusiva ma anche di lieve patologia simil-influenzale». Il Comitato vorrebbe evitare che vengano addossate ai docenti responsabilità che non gli spetterebbero.
«Alla luce delle esperienze vissute – osservano – negli ultimi due anni e mezzo, il pericolo è quello che tanti insegnanti si vestano da ufficiali sanitari e si sentano autorizzati ad imporre obblighi in presenza di starnuti o colpi di tosse degli studenti. Per non parlare dei rischi legati a decisioni autonome di sindaci o governatori di regione. Nel complesso, continuiamo davvero a non comprendere il perché di questo accanimento nei confronti dell’ambiente scolastico e dei suoi principali fruitori: bambini e ragazzi».
«Avremmo voluto – aggiungono – che i danni che restrizioni e mascherine provocano alla relazionalità didattica e, per i più piccoli, anche sul piano strettamente cognitivo, avessero avuto maggior impatto rispetto alla prevenzione dalla malattia da Covid- Sars 19 e che le ragioni pedagogiche avessero avuto più spazio rispetto a quelle sanitarie. Ancora una volta, invece, si continua a restare vittime dell’effetto tunnel, del guardare ad un solo obiettivo, senza curarsi di tutto il resto.
Ci sarà comunque un allentamento delle restrizioni: «In questo momento – spiegano – il nostro obiettivo è quello di capire quali forze politiche si impegneranno a investire davvero sulla scuola e a considerare i più piccoli cittadini non solo come individui da proteggere da una malattia che ad essi causa una lieve sintomatologia, ma soprattutto da ascoltare, comprendendone disagi e bisogni profondi».
«L’augurio – concludono –, in definitiva, è che tali proposte – perché, ricordiamolo, di questo ancora si tratta e non di norme già vigenti – vengano dunque rigettate, nei loro aspetti più restrittivi, dal nuovo governo. Nel frattempo, ci impegniamo a far vivere questi ultimi giorni di vacanze ai nostri figli e alle nostre figlie nella maniera più libera e gioiosa possibile: hanno bisogno di serenità, dopo due anni e mezzo assurdi».
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