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Se ottieni gli arretrati minacciando il datore di lavoro non è estorsione. Clamorosa sentenza della Cassazione per un messinese

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sentenza2E’ destinata a fare scalpore la sentenza che interpreta come un eccesso di difesa dei propri diritti quanto messo in atto da un messinese che nel luglio scorso era stato arrestato per estorsione. Erano stati arrestati in 15, dai carabinieri, il 15 luglio 2013, nell’ambito della operazione Looser, associazione a delinquere finalizzata alla detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti ed estorsione. Lo spaccio, di hashish e marijuana, a volte cocaina, avveniva prevalentemente al rione Gravitelli. Ma per il solo reato di estorsione, in carcere era finito Ignazio Fusco, 40 anni. L’uomo, operaio, fu accusato di avere imposto al suo datore di lavoro, un imprenditore edile, il pagamento di alcuni stipendi che gli doveva. Metodo utilizzato per ottenerli fu una bottiglia incendiaria che Fusco pose vicino all’automobile dell’imprenditore ed alcuni sms minacciosi. Da qui l’accusa di estorsione e l’arresto in carcere. Il Tribunale del Riesame, però, dispose per Fusco gli arresti domiciliari. Decisione contro la quale si oppose, ricorrendo in Cassazione, il Pm Maria Pellegrino. Alla Suprema Corte, però si appellò anche l’avvocato Salvatore Stroscio, difensore di Fusco. Oggi, i giudici della seconda sezione della Cassazione, accogliendo il ricorso dell’avvocato Stroscio, hanno annullato la misura cautelare, senza rinvio, e derubricato il reato: non più estorsione per Ignazio Fusco, ma esercizio arbitrario delle proprie ragioni. E’ libero.

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