Cronaca di viaggio parte prima.
Devo fare una premessa che mi renderà impopolare.
Odio viaggiare.
Io amo le comodità, le abitudini, le certezze, le corse convulse per adempiere tutti i miei ruoli nel breve tempo che ho a disposizione, i miei post-it attaccati sul frigo “ricordarsi di respirare”.
La mia meravigliosa giornata ad incastro mi da’ serenità. Avere a disposizione pochi attimi per svolgere un’infinità di adempimenti, mi fa sentire …VIVA!!!
L’imprevisto, il non programmato, mi destabilizzano e mi provocano disturbi ormonali e, conseguentemente, comportamentali.
La partenza per me rappresenta l’ignoto e tutto tranne che il riposo o l’evasione.
La partenza per me è fatica, è ansia, è stress puro.
Non parlo di un trasferimento alle Bahamas per sei mesi, ovviamente, mi riferisco a quelle malsane idee di trascorrere un fine settimana fuori. Parlo di quei brevi spostamenti che comportano l’impossibilità di dimenticare i disagi del viaggio affrontato per la partenza, in quanto, il viaggio del ritorno, segue in modo troppo ravvicinato.
Sto dissertando su quei tragici week end allo sbaraglio in cui si prenota di venerdì sera, si parte di sabato alle 5 di mattina e si torna domenica a mezzogiorno.
Cosicché la notte tra venerdì e sabato mi trovo costretta a fare i borsoni per quattro persone senza il tempo di riuscire a metabolizzare una troppo profondamente nascosta soddisfazione per la partenza.
Chi legge ed ha bambini piccoli conosce, poi, l’angoscia di una madre che teme di dimenticare oggetti assolutamente necessari per il benessere dei propri figli:
Per non parlare delle catastrofi climatiche previste da una madre.
Si parte per un giorno ma si deve essere attrezzati per far fronte a qualsiasi evento atmosferico terrestre, dall’afa all’alluvione, dalla siccità alla stagione delle piogge.
È giugno, lo so.
Dobbiamo andare a Vulcano, lo so.
Ma potrebbe anche nevicare se entrasse una congiunzione astrale negativa, del resto, in tutti gli ascensori che si rispettino non si fa che ripetere che non esistono più le mezze stagioni.
Così, infilo in valigia quattro pezzi di ogni capo d’abbigliamento che giace nell’armadio dei bambini.
4magliette4camicie4pantalonipe
Appena finito guardo l’armadio, mancano i vestiti che occupavano 2 intere ante: credo di aver preso tutto.
Mi aggiro nervosa per casa cercando di ricostruire i momenti della giornata, animata dall’ansia di poter dimenticare qualcosa. Rielaboro ragionamenti ad hoc con l’intento di ricordare anche gli oggetti che accompagnano i miei riti quotidiani e dei quali non potrei fare a meno.
Sono le 3:00 ma ancora devo ultimare i preparativi per la partenza. Otturare gli scarichi ad esempio, staccare la luce e l’acqua, lavare i bagni e la cucina, passare l’aspirapolvere, lavare il terrazzo. Devo lasciare tutto in ordine altrimenti domenica mi toccherà mettermi a fare le pulizie straordinarie al rientro dal viaggio.
Oddioooo!!! Dario dorme!!! Lo sveglio devo cambiare le lenzuola, devo sfilargli via il pigiama e mettere su la lavatrice, così se si asciuga la biancheria, riesco per le 6 anche a stirare.
Mi siedo sul divano per non spiegare le lenzuola della mia parte di letto. Ho il volto affondato tra le mani, mentre la lavatrice va, dormo un’ora. Ho già lavato i piatti. Sento già Morfeo che mi rapisce ma prima ripeto nella mente le parole che pronuncerò al risveglio: guai a chi sporca i bagni.
To be continued…
Vittoria Gangemi
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