La Vittoria di ogni giorno (la professione)

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Il mio lavoro è molto bello, anzi, più che bello è proprio gratificante. Sono un avvocato. Lo sono da circa 13 anni. Ho studiato molto per diventarlo, ed ancora oggi devo studiare, e approfondire, e studiare ancora, ogni singolo, assurdo, caso che mi si presenta davanti.
In udienza sono molto rispettata, nonostante, a causa del mio aspetto giovanile, tutti mi diano del “tu” e mi chiamino collega.
Sì, proprio tutti. Non parlo di gente che conosco, parlo di avvocati mai visti in vita mia, che mostrano un atteggiamento moooooolto amichevole prima che l’udienza cominci.
Poi, purtroppo, non so cosa accada appena siamo dinanzi al giudice, cominciano ad insultarmi urlando, soprattutto se in aula è presente il cliente.
Ma non credo sia qualcosa di personale, credo che lo facciano solo perché qualcuno sostiene che l’avvocato debba essere battagliero in udienza e farsi sentire, “poisedicebaggianatechissenefrega”, intanto ha gridato più forte dell’avversario.
Poco conta, infatti, al mio rientro in studio, il mio dominus è sempre molto felice del mio operato. Solo, ogni tanto, mi accusa per aver dimenticato di fare il lavoro di qualche cancelliere o di non aver ricordato qualcosa di mooooooolto importante, che riguarda un cliente non mio o di non essere stata in più posti a svolgere più adempimenti e/o udienze contemporaneamente.
Masssìcosaimporta. Menomale che quest’anno sono stata iscritta coattivamente alla cassa forense, così tra 65 anni percepirò una bella pensioncina di 100 euro mensili e chi ci pensa più a questi tempi duri.
Del resto, il guadagno è certamente l’aspetto maggiormente gratificante di questo lavoro.

Può accadere che qualche cliente sia a corto di liquidi, ma se non scappa in Australia (senza pagare il volo ovvio), tra qualche anno salderà la parcella di 20 euro che gli ho presentato e per la quale mi ha regalato un’espressione sconcertata, una provola e due salami.
Grazie mille, signor Tizio, ma se mi avesse dato i 20 euro mi sarei comprata al supermercato quello che mi serviva.

Ma infine, cosa contano i soldi a paragone con la possibilità di coltivare rapporti umani? Cosa importa non esser pagati quando si è avuta la possibilità di aiutare qualcuno facendo psicoterapia per tutta la durata della causa? Poverini ‘sti clienti. Tutto a loro.
“..Senti abbocata, me matri muriu, me figghiu è supra a seggia a rotelle (ma non è quello che gioca con l’i pad in sala d’aspetto?) me figghia so maritu a mmazza i bastunati (azz…quel cesso è sposata?)”
“Allora, signora facciamo la separazione…”
“Noooooo, piffauri bedda, chi mè niputi è malatu.”

Ma nonostante queste piccole difficoltà, essere avvocato dà alcune soddisfazioni innegabili: posso sfoggiare una splendida agendina, che da qualche anno scelgo di comprare anche in colori alternativi al marrone caccadicane, nella quale appunto le feste a cui parteciperanno i miei figli. E poi c’è il salumiere che mi chiama avvocato senza ridere e mio figlio che ha imparato che lavoro dentro un palazzo con una enorme carrozza di sopra.
E il bello è che, per entraci in quel palazzo, devo fare la fila, magari insieme ai detenuti, e forse anche insieme a qualche pazzo armato che potrebbe decidere di uccidermi. Ma per questo lavoro vale la pena di morire.

Certo, potrei entrare dall’entrata degli avvocati ma il tesserino dell’Ordine (a causa del quale pago annualmente 200 euro al Consiglio) non è sufficiente per accedere al MIO luogo di lavoro e dovrei dare un lauto contributo che mi consentirebbe di ottenere lo strumento del potere: il BADGE personale.
Chissà perchè, ma preferisco levarmi scarpeorecchinicollanecinturegiaccatelefono, restare in mutande e passare dal metaldetector.

Vittoria Gangemi

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