Il difetto che irrita di più le persone che mi stanno accanto, ma che forse maggiormente mi caratterizza, è la volubilità. Così, sovente, capita che qualcosa o qualcuno per cui il giorno prima stravedevo, dopo un po’ mi dia il voltastomaco.
Fortunatamente accade più frequentemente con gli oggetti che con le persone.
Quando scoprii di essere in attesa di Francesco, inforcai arco e frecce combattendo, con coraggio e senza esclusione di colpi, al fine di ottenere quello che, al tempo, era l’oggetto dei miei desideri: il passeggino di marca xxxx.
Questa arcinota casa ( capirete leggendo perchè non ne cito il nome) aveva creato un vero e proprio “trono” reale per bambini (ancora in voga, peraltro, infatti anche Belen l’ha comprato per il suo Santiago!!!).
Tuttavia, il succitato presentava dei difetti che, per mio marito, sembravano essere insormontabili, ma per me erano solo minuzie.
Così se il costo di 987 Euro perplimeva ( rendeva perplesso) Dario, io minimizzavo affermando con veemenza “ma sai quante volte sborseremo queste cifre per nostro figlio? E poi lo compriamo ora e per tutti i nostri figli lo useremo almeno due anni. Fai il conto. Di figli ne voglio quattro. Due per quattro fa otto, ti rendi conto? viene poco più di cento euro a figlio”. Lo so, è sbagliato ma non sono mai stata brava in matematica!!!
Se Dario criticava le dimensioni esagerate, intervenivo io fingendo apertura e munificenza -“Vabbè ammmooooooreeeee facciamo la prova. Se non dovesse entrare nel bagagliaio della Micra compriamo una nuova auto. Non ti piacerebbe una auto nuova? Tutti gli uomini vogliono cambiare auto! Perché tu mi sei venuto fuori difettoso?-. ”
Detto/fatto. Abbiamo comprato una Musa, ma lo xxxx, per la misera cifra di cui sopra, non offriva anche il seggiolino auto.
Appena scopertolo, Dario avrebbe voluto uccidermi, ma il mio lavoro è un’ottima palestra per cercare di avere sempre ragione e per tenere a bada gli isterismi, così ho assicurato a mio marito che avremmo fatto una lista in sanitaria per la nascita e ci saremmo fatti regalare tutto quello che lo xxxx non offriva in dotazione.
Tuttavia, un argomento su cui nessuno si permetteva di contestarmi era la facilità con cui lo xxxx permettesse di salire le scale e, considerando che noi abitiamo al primo piano senza ascensore, quello diventava il mio cavallo di battaglia per giustificare l’acquisto con qualunque interlocutore.
C’era, però, chi, mosso da quello spirito critico che sembra concentrarsi su ogni scelta si faccia nel momento in cui sta per nascere un bambino (dal nome del nascituro, al colore della tinta della cameretta, alla taglia del vestiario da fare indossare, che pare d’obbligo debba sempre essere una dozzina di mesi più grande dell’età effettiva del bambino chissàpoiperqualemotivo) asseriva che, avendo lo xxxx il volume di una barca a motore, non sarebbe stato per nulla agevole da trasportare all’interno delle scale di un palazzo del 1900.
A quel punto, mostrandomi irremovibile, partivo immediatamente con la seconda argomentazione e cioè che essendo, lo xxxx, alto un metro e cinquanta, avrebbe consentito al bambino di viaggiare a bordo dello stesso, come fosse tenuto in braccio dalla sua amorevole mammina, evitando di fargli respirare smog ed inquinamento nel corso dei movimenti in città.
Ad ogni modo, compiuto il nono mese di gestazione, ed avendo, la sottoscritta, acquistato il peso di un giocatore di rugby in pensione, tutti sembrarono accettare sottomessi la mia volontà, ormai certi, peraltro, che avrei, con dialettica e volitività, controbattuto a qualsiasi critica.
E così, tra disapprovazioni e rassegnazione arrivò quel luminoso due di novembre, il giorno della commemorazione dei defunti del 2009, scelto accuratamente dal piccolo Frankie come data che avrebbe per sempre segnato le nostre vite e, finalmente, era giunto il momento di utilizzare il MIO xxxx.
Ormai lo si trattava come uno di famiglia, mangiava con noi, usava il bagno degli ospiti ed avevo pure pensato di cedergli il telecomando.
Tuttavia, dopo qualche giorno, quando mi accinsi a servirmi dello xxxx da sola, essendo mio marito perennemente al lavoro, iniziai ad avere le prime difficoltà nello scendere scale.
Temevo che il bambino planasse ad ogni gradino, ma, ovviamente, dopo aver fatto tutto quello che avevo fatto per ottenerlo non potevo confessare a nessuno le mie maturande perplessità su quel mostro di tecnologia.
Così, mi sforzavo di passeggiare allegra per la città vantandomi con tutte le neo-mamme, di quanto fosse pratico e maneggevole il mio tir, ehm…., il mio passeggino.
Ciò fino a quando, un giorno, non accadde l’irreparabile, il giro di boa, la circostanza che avrebbe modificato tutte le mie primitive idee sull’aggeggio in esame.
Mentre camminavo trotterellando per raggiungere lo studio, venni fermata da un agente della polizia municipale che apostrofò Francesco, appena nato, intimandogli l’esibizione di patente e libretto.
A quel punto feci capolino affacciandomi dal lato sinistro dello xxxx e dissi: “Ma, agente, è un passeggino”, e lui: “Ah! Signora, scusi. C’era lei là dietro non l’avevo vista. Lo sa che è più bassa del quad che sta guidando?”
Quanta ignoranza. “ Signore, non si tratta di un quad, è uno xxxx” – scandii con il fumo al naso, e lui di rimando : “ Ah! Allora favorisca il porto d’armi!”.
Non so se volle farmi una battuta, ma lo guardai sbattendo le palpebre per circa trenta secondi, e capii che Messina non era ancora pronta per tale avveniristico oggetto.
Comunque, più il tempo trascorreva, più maturavo la consapevolezza di aver buttato via mille euro senza ragione.
La consapevolezza si tramutò in certezza assoluta e tangibile quando, un tragico giorno, lo xxxx si ruppe.
Il vero timore era confidare l’accaduto a Dario, così, di nascosto mi recai al negozio, confortata dal fatto che il passeggino avesse due anni di garanzia e che era espressamente prevista la totale e gratuita sostituzione del telaio e delle ruote.
Implorai la rapidità nella sostituzione per impedire che a casa si notasse l’assenza di colui che era diventato ormai il quarto componente della nostra famiglia.
In realtà dovetti attendere tre mesi prima di avere indietro il mio passeggino.
Inviarono lo xxxx a Milano e di lì, credo, al paese di produzione direttamente.
La sostituzione era prevista fino all’anno prima, da quell’anno si poteva solo riparare.
Che fortuna!
Comunque, il mostro tornò a casa e dal negozio mi chiamarono per ritirarlo.
Pensavo di preparare una festa di bentornato, ma il sorriso morì sulle mie labbra quando, la commessa, disse: “ Ehm…signora, in effetti dalla fabbrica hanno detto che, anche se il passeggino è in garanzia, lei dovrebbe pagare le riparazioni in quanto il danneggiamento sarebbe imputabile ad un uso eccessivo e sconsiderato del mezzo”.
Non risposi, non ne valse la pena, inarcai un sopracciglio fino a fargli toccare l’attaccatura dei capelli, allargai le narici e feci soffiare un lungo sospiro, gesto tipicamente prodromico all’esplosione e piegai la testa verso il petto, ricordando l’atteggiamento del toro che sta per incornare, poi, conclusi con il mio tipico sguardo da psicopaticaindispettitainpredaagliormoni.
Lei mi guardò, sorrise e disse: “ Va bene signora, facciamo così, se mi mandano la bolla con il sollecito la chiamo”.
Stiamo ancora aspettando.
Vittoria Gangemi
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