Gioveni: “Se Accorinti entra in Consiglio io abbandono l’aula. Chieda scusa ai genitori di Ilaria”

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Le dichiarazioni su droga, rom e quartieri a luci rosse, rilasciate da Accorinti durante l’intervista al programma radiofonico “La Zanzara”, non sono andate giù al consigliere comunale Libero Gioveni. L’esponente Udc ha manifestato il proprio dissenso attraverso un breve comunicato in cui annuncia la volontà di voler uscire dall’aula tutte le volte che Accorinti parteciperà a una seduta del Consiglio comunale.

“Da ora in avanti – spiega Gioveni – tutte le volte che Renato Accorinti  entrerà in aula (quell’aula che volente o nolente rappresenta l’intera città) , io uscirò. Mi dà fastidio il solo pensiero di stare vicino fisicamente a un individuo (che fino a quando sarà primo cittadino sa bene di non poter parlare a titolo personale) che professa da sempre legalità, ma che soltanto da qualche ora abbiamo scoperto essere una legalità astrusa, fittizia, fumosa, ingannevole. Non l’ho volutamente chiamare sindaco perchè per me non solo non è più soltanto il mio sindaco, ma non può più esserlo nemmeno per quei poveri illusi cittadini messinesi che lo hanno sostenuto, che credevano in una rivoluzione e che invece sono stati ingannati”.
“Ebbene – precisa  –  tralasciando la sparata delle puttane o del sesso libero in un fantomatico quartiere a luci rosse e su cui non si può che stendere un velo pietoso, dico che se per lui rivoluzione culturale significa potersi drogare liberamente, se per lui legalizzare lo spaccio di sostanze che uccidono come hanno ucciso la piccola Ilaria Boemi (ai cui genitori a questo punto lui dovrebbe adesso chiedere scusa per essersi presentato ipocritamente ai suoi funerali), se per lui, che è addirittura un insegnante (e quindi educatore), la droga fa persino bene alla salute, io dico basta.
Basta sì, Messina non merita di essere rappresentata da simili soggetti. E qui c’entra anche poco la politica (nel merito della quale infatti ci siamo espressi presentando come gruppo una mozione di sfiducia), qui c’entrano altri aspetti, come quello sociale e pedagogico.  Questo personaggio ha l’obbligo di dare l’esempio, ma il buon esempio. Mi rendo conto, però, giusto per trovargli paradossalmente un alibi, che essere insegnante non significa essere padre.  E forse per questo, non essendolo, non riesce a comprendere del tutto cosa significhi per un genitore al giorno d’oggi  pregare tutti i giorni il buon Dio che il proprio figlio non si imbatta in situazioni pericolosissime come può esserlo appunto il mondo della droga e dello spaccio. A casa, quindi, vada a casa (e lo esorto in questo caso anche nelle mie vesti di genitore) e liberi questa città e i messinesi, la maggior parte dei quali ne hanno davvero sentite e viste anche troppe”.

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