Si tratta di una ipotesi che secondo Carmelo Micalizzi, medico di professione ma cultore d’arte con diversi saggi antonelliani pubblicati, è evidenza. Durante la Conferenza Stampa nella sede della Comunità Ellenica dello Stretto, di cui Micalizzi è Presidente, sono state avanzate alcune ipotesi circa la volontà di Antonello da Messina di indicare chiaramente la sua paternità del dipinto “San Girolamo nello studio” e l’epoca della sua realizzazione.
Questa idea è nata circa venti giorni fa, quasi per caso, durante l’osservazione che il Presidente della Comunità Ellenica ha effettuato sul manifesto pubblicitario del 2006, rappresentante l’opera in questione quando venne esposta a Messina.
Micalizzi, dopo avere ricordato l’importanza del dipinto, considerato tra i più importanti del quattrocento, ha concentrato l’attenzione sulle sue rivelazioni. Partendo dalla considerazione cardine secondo cui Antonello da Messina ha messo insieme i concetti tecnici della prospettiva italiana, con quelli della pittura fiamminga. Lo studioso si è concentrato prima sul cartiglio, che s’impone subito alla vista dello spettatore, posto sulla parete dello scrittoio a cui è seduto San Girolamo in veste di cardinale, e poi sulla pavimentazione, sia prospettica che dettagliata, dei particolari, in cui ogni mattonella sembra essere diversa dall’altra.
Secondo Micalizzi, è attraverso queste sue intuizioni che si può comprendere il desiderio di Antonello da Messina di non mostrarsi abbastanza, di illudere, di mostrare e allo stesso tempo celare.
“Il cartiglio, infatti, induce lo spettatore a leggere quello che è stato trascritto, con la speranza di trovarvi la paternità dell’opera, salvo poi accorgersi che sul pezzo di carta posto sulla parete dello scrittoio non appare nulla di comprensibile.”.
Da questo dettaglio, Micalizzi si concentra sul pavimento e su due mattonelle in particolare, chiamate “Mattonella A” e “Mattonella B”. La mattonella A, divisa in tre fasce di un millimetro l’una, riporta, su una di queste, dei numeri. “Non evidenti ma che suggeriscono qualcosa”, afferma lo studioso, che decide di leggerli in modo speculare. Ed ecco la prima rivelazione: la lettura del numero “1474” insieme ai segni “XI”, che lo studioso ha interpretato come la chiara indicazione, da parte di Antonello da Messina, di comunicarci il mese l’anno di realizzazione dell’opera, corrispondente a “Novembre 1474”.
Sempre sulla stessa mattonella, e secondo l’analoga interpretazione speculare, su una millimetrica fascia bianca sono leggibili le lettere “ANTN”, che suggeriscono la paternità dell’opera.
L’altra rivelazione riguarda la Mattonella B: secondo Micalizzi, “è chiara la lettura delle lettere ISSIM. La prima lettera è sovrastata dal tipico trattino di abbreviazione in uso fino al tardo ‘500, che Antonello da Messina ha usato spesso nei suoi cartigli”. La lettura speculare “riporta in modo chiaro e distinto Messina”.
Abbiamo quindi tre elementi importanti che, secondo Micalizzi, danno la certezza della paternità dell’opera ad Antonello da Messina, con il mese e l’anno della sua pubblicazione.
Questi elementi sono da individuare anche grazie a dei messaggi che il pittore dà attraverso il pavone e la conca d’oro, dipinti sulla soglia dell’arco in pietra che demarca l’interno dello studio dal suo esterno. Sulle pareti della conca d’oro è riflessa l’acqua in essa contenuta che comunica al lettore il messaggio della lettura speculare, così come la posizione del pavone, posto tra le due mattonelle, con la sua coda che indicherebbe chiaramente la “Mattonella B” e con il suo becco e la sua ombra che indicano la “Mattonella A”.
Sono queste le rivelazioni mostrate questa mattina da chi si chiede come sia possibile che, anche dopo il restauro del 1947, non siano stati notati questi dettagli “chiari e netti”.
“In queste ipotesi ripongo la fiducia dell’evidenza – afferma il Presidente della Comunità Ellenica dello Stretto – e mi limito a ciò che si vede. L’anno, il mese e il riferimento a Messina sono chiari e netti. Spesso Antonello da Messina riportava abbreviazioni, quindi mi sono attenuto a ciò che ho visto.”
L’auspicio di Micalizzi è che il frutto della sua scoperta possa essere trascritto e stampato e posto al vaglio degli esperti.
Rimangono molti interrogativi su quanto esposto oggi e il vivace dibattito a fine conferenza ne è la dimostrazione. Si tratta dell’interpretazione di piccoli millimetri, studiati su una locandina e su alcune immagini recuperate su internet. Bisognerebbe andare molto più a fondo perché le ipotesi, non pretenziose, avrebbero comunque bisogno di un confronto più chiaro.
Simone Bertuccio
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