“L’inizio della fine” di Messina, per le Acli, è cominciato nel periodo successivo all’alternanza Providenti-Leonardi alla guida del capoluogo peloritano. “Fortemente negativo”, il giudizio delle Acli sul percorso politico-amministrativo degli ultimi due anni ( ma non solo) nella nostra città.
Il presidente provinciale, Antonio Gallo, inoltrando un appello sia al centrodestra che al centrosinistra, denuncia, innanzitutto, la mancanza di “un progetto complessivo, compiuto e riconoscibile per la città”. “E’ mancato – ha detto – un raccordo stabile tra istituzioni e società civile, in quanto il percorso di questa amministrazione è stato segnato soprattutto dall’inseguimento delle emergenze”.
È mancata, inoltre, secondo Gallo, una “capacità di lettura del territorio che ne definisse la vocazione per lo sviluppo”, così come è stato “assente spesso il raccordo con le altre istituzioni, tanto è che su alcuni delicati aspetti è stato necessario l’autorevolissimo richiamo del prefetto”. “Nè, ovviamente, risolutiva potrà essere l’approvazione, peraltro auspicabile, del piano di riequilibrio ai fini del giudizio complessivo sull’operato dell’amministrazione Accorinti“.
Sull’inizio del declino amministrativo, il presidente delle Acli indica la data precisa dell’era post giunte alternanti Providenti-Leonardi.
“Dal 2003 in poi- aggiunge Gallo – tra ricorsi, commissariamenti, imposizioni dall’alto e quant’altro, la parabola delle amministrazioni del Comune, assolutamente prive di qualsiasi ipotesi progettuale di sviluppo, è rapidamente declinata giungendo sino all’ultimo capitolo negativo, che ha visto, la prevalenza di movimenti localistici, quindi oggettivamente qualunquistici, che rifiutano il sistema costituzionale dei partiti, anziché proporsi di riformarli”.
Da qui, l’appello alle due grandi coalizioni al fine di favorire l’apertura di una fase nuova che passi necessariamente dalla una “riforma vera” del sistema dei partiti: “Chiediamo al centrosinistra di immaginarsi come la casa della solidarietà non autoritaria, senza ideologismi e con la bussola della centralità della persona. Chiediamo a questo schieramento la capacità di ipotizzare sviluppo sostenibile per il lavoro e soprattutto la capacità coraggiosa di porre paletti alle alleanze: la coalizione di centrosinistra dovrà infatti ritrovare la propria vocazione riformista accanto a tutti quei laici e cattolici che credono nella buona politica, rifuggendo da tentazioni più o meno visibili di apertura nei confronti di movimenti o gruppi portatori spesso di istanze estremiste o velleitarie. In questo quadro, quindi riteniamo che questa coalizione debba avere la capacità, quando la città sarà chiamata alle urne, di immaginare una figura di grande spessore, naturalmente tramite processi democratici, non necessariamente un militante, esperto nei temi del territorio e che abbia dimostrato negli anni di intervenire concretamente nel dibattito cittadino”.
Al centrodestra,invece, suggerisce di: “ partire dalla constatazione che a fronte dei successi del 2003 e 2008 ha raggiunto successivamente una clamorosa caduta, che lo ha persino escluso dal ballottaggio del 2013. Riteniamo – aggiunge– che la coalizione del centrodestra debba avere la capacità di ripensare quasi completamente la propria classe dirigente sul territorio messinese, attorno ad un progetto autenticamente liberale e attraverso l’adozione di un duplice criterio: in primis un criterio interno del consenso e non dell’imposizione dall’alto, che ha portato inevitabilmente ad un rapido fallimento politico; in secondo luogo, il criterio dell’affidabilità e della coerenza della proposta politica; purtroppo il riferimento, in questo caso è non soltanto a quelle forze politiche che oggi riprendono il tema del ponte sullo Stretto, omettendo la circostanza che i propri massimi rappresentanti, durante il ballottaggio di due anni fa, hanno apertamente sostenuto il sindaco Accorinti, portatore di istanze di segno nettamente opposto sul tema. Ci riferiamo anche a quei movimenti e associazioni che oggi agitano lo spettro della sfiducia, dimenticando di aver contribuito all’elezione dell’attuale sindaco e non assumendosi quindi le dovute responsabilità politiche di fronte alla città. Classe dirigente è quella che, anche nei ballottaggi, guarda sempre al bene della città rispetto alla propria sopravvivenza o a vantaggi momentanei”.
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