Chi ha fatto l’università sa bene quanta ansia preceda la discussione della tesi di laurea davanti a una commissione togata, severa, imperscrutabile. Ansia per laureando e familiari e amici armati di fotocamera ed emozionati quanto e più del prossimo dott. E sa anche quanto siano duri i mesi di preparazione del proprio elaborato, tra lo sbattimento di acciuffare il tuo relatore – che, piaccia o no, non ha mai il tempo per ascoltare e dare il suo parere al fine di trovare una bibliografia sufficientemente completa per fare un buon lavoro di ricerca. Aggiungiamoci anche che molti, mentre scrivono la propria tesi di laurea, devono anche sostenere di corsa gli ultimi esami rimasti e la frittata è fatta.
Cari aspiranti dottori, da ora in poi resettate la vostra mente: tutto questo non accadrà più! Almeno per quanto riguarda i corsi di laurea triennali dell’Università degli Studi di Palermo. Il Senato accademico dell’ateneo palermitano, infatti, ha deliberato che per laurearsi basterà sostenere una prova finale che consisterà, a scelta dello studente, o in un test scritto a risposte aperte o in un elaborato lungo al massimo trenta cartelle (o in entrambe le cose, se così deciderà il Consiglio di corso di laurea) che sarà valutato da una commissione. La riforma entrerà in vigore dalla sessione estiva del prossimo anno di studi (2013-2014). La prova si svolgerà almeno trenta giorni prima dell’inizio della sessione di laurea, durante la quale ci sarà la sola proclamazione. Anche gli studenti che hanno già fatto richiesta di assegnazione della tesi potranno, in base alle direttive del Consiglio, chiedere di partecipare alla nuova prova. La tesi, quella “classica”, è invece obbligatoria al termine delle lauree magistrali e di quelle a ciclo unico.
E come la mettiamo con il calcolo del voto finale, quello su cui gli studenti si scervellano sperando nel premio massimo possibile? Per i più abili in discipline matematiche desumerlo sarà un gioco da ragazzi. La votazione iniziale deriverà dalla media ponderata dei voti conseguiti negli esami, attribuendo un diverso “valore” agli insegnamenti: i voti alti nelle materie con un maggior numero di crediti formativi varranno di più di quelli conseguiti in esami più “leggeri”. Saranno considerati anche i voti conseguiti in discipline eventualmente inserite in esubero, rispetto al piano di studi. Avvantaggiati gli studenti che avranno “conquistato” anche il tanto agognato 30 e lode. Nel calcolo della votazione iniziale, infatti, potrà essere aggiunto un punteggio massimo di 3 punti in base al numero delle lodi conseguite (mezzo punto per ciascuna). In più, un ulteriore punto potrà essere assegnato a chi ha maturato esperienze all’estero nell’ambito dei programmi comunitari, come Progetto Erasmus e Socrates (ma solo se lo studente ha conseguito almeno 15 crediti formativi durante la sua permanenza in terra straniera), o ha conseguito attestati o diplomi di frequenza in istituzioni straniere riconosciute dalla facoltà. Altri 2 punti saranno a disposizione della commissione per chi non è uscito fuori corso. Nella migliore delle ipotesi, quindi, lo studente avrà a disposizione un massimo di 7 punti per le triennali e di 11 per le magistrali (la nuova votazione, infatti, coinvolge anche le lauree di secondo livello, quelle dove ancora la tesi ha un senso, per intenderci).
Il Prorettore vicario, Vito Ferro, spiega che «con questa delibera il Senato vuole ristabilire la differenza, prevista dalle norme vigenti, tra la prova finale, cui corrisponde un’attribuzione da 3 a 6 crediti formativi, e la tesi di laurea magistrale che deve avere il requisito di originalità e che ha un’attribuzione in crediti che può raggiungere anche i 40. L’ateneo si doterà anche di un software anti-plagio per la verifica dell’originalità del testo della laurea magistrale».
Gli studenti “vecchio stampo”, quelli che di tesi di laurea ne hanno dovute scrivere due, probabilmente staranno maledicendo questa nuova norma e chi l’ha avallata. Alcune domande, però, sorgono spontanee: esiste la possibilità che questo metodo venga esteso a tutte le università italiane, o resterà un provvedimento “a statuto speciale”? E ai fini della ricerca di un posto di lavoro, tutto questo servirà davvero a fare la differenza (visto che Ferro ci tiene a sottolineare che questa delibera nasce proprio dall’esigenza di scindere le due cose) tra uno studente che si è fermato alla laurea triennale e uno, diligente e coraggioso, che ha proseguito fino al conseguimento della laurea magistrale?
Alessia Abrami
(64)