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Strage di Bologna: 34 anni dopo il mistero rimane

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strage bolognaAngela Fresu avrebbe compiuto quest’anno 37 anni, se il suo corpo non fosse stato dilaniato dall’esplosione della bomba che il 2 agosto 1980, alla stazione di Bologna, uccise 85 persone ferendone 200. Sono convinta che costoro mai guariranno dal profondo strazio, perché giustizia certamente non fu fatta: tutt’oggi la verità non ci è data conoscerla e semmai vi è l’idea che le mani in pasta dei servizi segreti erano dappertutto nel contesto di tutte le stragi che tartassarono il nostro Paese nel periodo che a buon motivo è definito “di strategia della tensione”. 

Giusva Fioravanti, Francesca Mambro (che nonostante varie condanne all’ergastolo, sono stati liberati dopo aver scontato solo 16 anni) e Luigi Ciavardini (condannato, con sentenza assai discutibile, cumulativamente a 36 anni e due mesi e in semilibertà dal 2009) hanno sempre urlato la propria innocenza, pur ammettendo tanti altri omicidi e ciò che sconvolge è che le relative sentenze di condanna non hanno indicato né movente, né complici, né mandanti e la teoria, ipotizzata da più parti (politiche e non) della “strage di Stato” ha assunto sempre più nel tempo i contorni inquietanti.
Perfino a sinistra si acquisì la consapevolezza dell’innocenza dei due terroristi di estrema destra, tanto che nel 1994 fu fondato nella sede romana dell’Arci il comitato “E se fossero innocenti?” (ad opera di personalità politiche e culturali di estrazione diversa, quali Marco Taradash, Elio Vito, Sandro Curzi, Liliana Cavani, Giovanni Minoli, Giovanni Negri, Andrea Colombo,  Oliviero Toscani) che si espresse con chiarezza sulla loro innocenza (ovviamente solo per quanto riguarda la strage di Bologna).
Innumerevoli le piste seguite e ipotizzate e altrettanto innumerevoli gli episodi di depistaggio (giudizialmente accertati e per i quali furono molti i condannati con sentenza dell’11 luglio 1988 ma successivamente assolti in appello e in Cassazione), organizzati per porre fine (chissà perché!) alle indagini, tra i quali quello architettato da vertici dei servizi segreti del SISMI, tra essi il generale Pietro Musumeci e il colonnello Giuseppe Belmonte (affiliati alla loggia P2 di Licio Gelli), che fecero collocare da un sottufficiale dei carabinieri su un treno a Bologna una valigia piena dello stesso tipo di esplosivo utilizzato alla stazione, oltre ad oggetti personali di due estremisti di destra che erano legati a Stefano Delle Chiaie.
Musumeci fornì addirittura un dossier fasullo attraverso il quale attribuiva l’intento di ricorrere a stragi nel nostro territorio a due terroristi internazionali (collegati con ad altri esponenti dell’eversione neofascista), di matrice spontanea, per allontanare il sospetto dalla politica italiana e dai reali autori e mandanti della strage.
Infatti, tra le varie piste che attribuivano alla strage la matrice internazionale vi era anche quella che scaturiva dalla tesi (condivisa pure da Paolo Guzzanti che allora era presidente della Commissione Mitrokhin) che dietro la strage vi fosse il Fronte per la liberazione della Palestina e il gruppo del terrorista “Carlos”: Francesco Cossiga inviò una lettera a Enzo Fragalà (misteriosamente assassinato nel 2010), capogruppo di Alleanza Nazionale nella commissione Mitrokhin (che si occupava del noto archivio di documenti del KGB sovietico) nella quale ipotizzava un coinvolgimento palestinese e del gruppo tedesco filo palestinese Separat diIlich Ramírez Sánchez (noto come “comandante Carlos”). Un anno fa il giudice Rosario Priore ha dichiarato in un’intervista all’ Huffington Post : “Penso che i neofascisti non c’entrino. Giusto che paghino con tutti gli ergastoli per quello che hanno commesso, ma a Bologna ritengo che le cose siano andate diversamente. Quella quantità di esplosivo e il suo trasporto andavano ben al di là delle loro capacità organizzative”; “Carlos sa. Ti butta le sue verità in mezzo ai piedi come delle bombe pronte ad esplodere. È anche un inquinatore. Ma su questa faccenda della strage di Bologna dovrebbero farlo parlare, perché potrebbe dire cose che ancora nemmeno immaginiamo”.
E ancora, la pista palestinese del cosiddetto “Lodo Moro”: Aldo Moro avrebbe dichiarato nel suo memoriale (tratto da registrazioni e appunti e poi dattiloscritto dalle BR) di un accordo segreto (il cosiddetto “Lodo Moro”, espressione coniata da Francesco Cossiga) con la dirigenza palestinese, condotto dal colonnello Stefano Giovannone responsabile italiano dei servizi segreti in Medioriente, che avrebbe consentito ai palestinesi di far passare e depositare armi ed esplosivi sul territorio nazionale a patto che interrompessero la scia di attentati di matrice palestinese che nei primi anni ’70 avevano insanguinato il Paese e c’è chi è convinto che la strage fu una ritorsione contro il Governo italiano per il sequestro di due missili a Ortona nel novembre del ’79 e l’arresto, con conseguente condanna nel gennaio ’80 del responsabile del Fplp in Italia, Abu Anzeh Saleh .
Inoltre, in seno alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi (XIII legislatura, 1996-2001) sarebbero emersi elementi inediti sui collegamenti internazionali del terrorismo italiano e sulle reti dei servizi segreti dell’ex blocco sovietico e dei principali Paesi arabi: ma una tesi conclamata fondata su fatti provati e ufficialmente esplicitata e divulgata su movente, mandanti e complici non si è mai finora avuta e in tal senso si può certamente affermare giustizia non è stata fatta. Nulla di nuovo sotto il sole e sempre la verità ha mille facce e nessuna.
Matteo Renzi il 22 aprile 2014 ha declassificato dal segreto di Stato tutti i fascicoli relativi a questa strage, ma forti perplessità sussistono sull’integrità della documentazione e sulla sua completezza: non può che sorgere il legittimo dubbio che in essi si troveranno solo e soltanto riferimenti a fatti e circostanze già conosciuti, oggetto di indagini e dei procedimenti penali. Intanto, ancora non sono stati materialmente depositati, né, ancor meno, digitalizzati per renderli fruibili al grande pubblico e per di più ancora gli archivi militari e del servizi segreti non sono stati obbligati a depositare i loro.

Vicky Amendolia

http://www.stragi.it/pagina.php?id=sommarioprimogrado

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