Emilio Fragale

Il Congresso del Pd…un nuovo iscritto…che era iscritto

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Emilio Fragale“Care compagne e amiche, 
cari amici e compagni,
mi sono risoluto a ri-tesserarmi nel Partito Democratico.
Vi partecipo questa decisione per condividere la presente riflessione.
Rinnovo una adesione dopo un esodo, uno strappo e un allontanamento di
fatto consumato all’indomani della vittoria di Crocetta … ma
maturato da diversi anni. Anni in cui, con altri, non mi sono
risparmiato in passione e impegno civico, sociale e culturale speso in
associazioni, movimenti, laboratori, centri studi e fondazioni e 
anni, in cui, con altri, non ho risparmiato strali, critiche e
invettive al partito per la evidente mancanza di ascolto alle
rivendicazioni apertura, coralità, agibilità, partecipazione,
discussione, elaborazione, testimonianza, iniziativa, qualità.
In verità, nell’attuale scenario parlamentare nazionale e
regionale, l’unica formazione che merita di essere annoverata come
partito … il “partito” come contemplato nella Carta
Costituzionale, quel “partito” che nella Italia repubblicana
ha fatto fatica ad affermare regole e metodi di democraticità interna,
quel partito che mai dovrebbe identificarsi – formalmente o
sostanzialmente – con un cognome … e’ il PD.
Il Partito Democratico, se riesce ad affrancarsi da una burocrazia
avvivata sulla propria sopravvivenza, può interpretare la volontà di
cambiamento, merito, responsabilità che il Paese invoca. Vi è troppo
disagio, troppa depressione, troppo povertà, troppo malessere, troppa
crisi per non pensare al bene di ciascuno e di tutti. Vi è troppo
discredito internazionale, che mina la capacità di penetrazione del
Made in Italy, per non risalire la china facilitando
l’interlocuzione degli nostri plenipotenziari all’estero. Vi è
troppa litigiosità negli affari interni per non riequilibrare il
rapporto tra c.d. “poteri” nel rispetto delle attribuzioni
istituzionali.
A me non sfugge che Matteo Renzi ha impresso una straordinaria
accelerazione.
Tuttavia, non celo perplessità per una esuberanza ostentata che mi
sembra possa compromettere la serietà del linguaggio, la profondità
del messaggio, l’autorevolezza della proposta del PD e del
centro-sinistra.
Comunque, le quattro mozioni nel loro complesso fanno emergere una
ricchezza di dibattito che – dopo il congresso – può essere
interamente recuperata per la guida del partito e per il governo
dell’Italia.
Ovviamente, senza disdegnare un punto di vista generale, e’ a
livello locale che mi misuro, collaboro, competo, agisco.
Tra le tesi che vanno emergendo per diversi motivi sto abbracciando i
temi sposati da Gianni Pittella, vice-Presidente vicario del
Parlamento Europeo.
Posso ridurre a due ragioni fondamentali la spiegazione di tale scelta.
Una ragione oggettiva. Una ragione soggettiva.
Oggettivamente Gianni Pittella, dal mio angolo visuale, più degli altri
candidati alla segreteria Nazionale, pone questioni di carattere
originale … originale – di certo – nella prioritaria considerazione.
Riassumo le questioni, evidenziando l’adesione al PSE,
l’attenzione al Meridione, la vocazione agli Stati Uniti
d’Europa, la scommessa sulla “polis”, la censura ai agli
astratti patti di stabilità, l’appello alla autorevolezza.
Peraltro, il lucano on. Pittella, nel convocare in questa sfida persone
e personalità che credono nel riformismo, come sintesi di istanze
innovative popolari, liberali, socialiste, sottolinea come su quattro
candidature almeno una era corretto provenisse “dalle nostre
parti”.
Soggettivamente, la mozione Pittella, alle nostre latitudini, mi
consente di tenere i distinguo che conoscete. Non posso non rammentare
le riserve nei confronti dei deputati, dei rappresentati
istituzionali, degli organi dirigenziali. Non posso non condannare
ogni logica rottamante del dialogo infra generazionale e infra
culturale. Non posso non esigere il ridimensionamento del peso
riconosciuto a voti privi di consenso. Non posso non chiamare in causa
– rispetto al processo di ricostruzione in atto – farisaiche
opposizioni a Francantonio Genovese. Non posso non imputare colpe a
tutti coloro che – infidamente vicini a Francantonio Genovese – gli
hanno tarpato le ali per volare alto … altissimo. Non posso non
ricordare che la città e la provincia di Messina (oggi si dice i
territori di Messina) guardavano a una esperienza tutta intrisa di
positività e di fiducia per la crescita e lo sviluppo, per
l’occupazione e per l’intrapresa. Non posso non iscrivermi tra
coloro che chiedono di leggere il momento storico perché vi è bisogno
di una serenità, di una distensione, di una pacificazione non
rinvenibile nei meandri contenziosi aperti da ricorsi (legittimi ma
inopportuni) per sovvertire il risultato del ballottaggio nelle
elezioni amministrative di Messina. Non posso non offrire l’altra
guancia a quel ceffone che la città ha voluto dare a tutto –
indifferenziato – il personale politico e politico.
Queste sono le motivazioni di un iscritto, che intende da semplice
iscritto esercitare i diritti e ottemperare ai doveri di iscritto. Un
iscritto che suggerisce di cominciare la vera campagna tesseramenti
(quella per convinzione e non per convenzione) dopo l’esito del
congresso nazionale perché occorre esorcizzare un disincanto
dilagante, quello stesso sentimento che dinnanzi a esiti elettorali
annunziati spalancava la porta alla amara sorpresa. Il sentimento di
chi non crede alla alternativa per definizione perché smentita da
disarmanti prassi uniformi. Un iscritto con cui fare i conti così come
– mi auguro – con tutti gli altri iscritti che non comporranno
organismi direttivi o esecutivi.
Un iscritto che non rinunzierà mai a distinguere tra:
– il valore alto e generoso di occuparsi di chi ha bisogno di essere
seguito anche per piccole cose (per piccoli uffici) e il disvalore di
una piccineria senza generosità;
– il valore santo della opzione preferenziale verso gli ultimi e il
disvalore blasfemo del cittadino ridotto a cliente;
– il valore della spinta di entusiasmo e ricambio che proviene dai
giovani e il disvalore di ormoni doppati e rampanti;
– il valore di riferimenti nelle Istituzioni democraticamente eletti e
il disvalore di referenti utili solo a scaldare poltrone e/o a fare i
c…i propri.
Un iscritto che chiederà sempre di giocare le partite. Partite che si
vincono e che si perdono giocando. Un iscritto che non consentirà
vittorie a tavolino o al ribasso. Un iscritto che metterà in mora il
Segretario Provinciale, in ipotesi di assenze, deficienze,
dimenticanze. Un iscritto che sosterrà il Segretario se prudente allo
stesso tempo coraggioso nel favorire il confronto interno e con la
società e nel convocare tutte le sensibilità e le intelligenze dei
mondi della libera professione, della scuola, della ricerca, della
università, dell’impresa, del sindacato, del terzo settore, della
pubblica amministrazione etc. per mettere in campo idee, strategie,
tecniche per l’affermazione del c.d. bene comune. Un iscritto che
vibratamente protesterà se si dovesse procedere per inerzia o per
adempimenti. Un iscritto che si batterà febbrilmente per la polis e la
“P”olitica. Un iscritto che fortissimamente ricercherà una
rete di coniugazione e contaminazione con chi ci crede … ancora con
una speranza che sfiora l’utopia”.
Emilio Fragale

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