Lucia Borsellino è ritenuta dai più il peggiore assessore alla sanità che la Sicilia abbia mai avuto – a prescindere dal caso Tutino, che lamenta ben altro – tanto che si può affermare, senza tema d’essere smentiti, che mai il mondo sanitario dell’isola si è ritrovato allo sbando e nel caos come ora, per le sciagurate decisioni prese. Ma la stessa cosa si può affermare per la maggior parte dei componenti che si sono avvicendati nella Giunta regionale dell’attuale Governo, con in testa il presidente Rosario Crocetta. Vanno, dunque, “fatti fuori” come il padre della Borsellino?
Ovviamente, in un paese civile e alieno dalle rivoluzioni di tipo francese, la risposta non può che essere negativa e semmai questo Governo, per tutte le scempiaggini partorite sin dagli albori, avrebbe dovuto e dovrebbe essere sfiduciato dai deputati regionali aficionados della poltrona che, proprio perché tali, non ci pensano proprio.
Nell’immaginario collettivo, la frase “l’avissiru ‘mmazzari tutti” sarà circolata senza dubbio, frutto della disperazione e dell’indigenza della cittadinanza che si sente impotente di fronte a cotanto sfascio, ma una cosa è pensare o profferire questa espressione di disappunto tipica del vernacolo siculo, altra cosa è dire “… va fatta fuori come suo padre”, che assume una valenza e un significato ben diverso, soprattutto se viene pronunciata nel contesto di un discorso tra due “papaveri”, uno del mondo della sanità (Tutino) e l’altro del mondo politico (Crocetta).
Non si tratta di un’esclamazione sproloquiale, quanto piuttosto di una sorta di affermazione, quando non assumesse il sapore di “richiesta”, e poco importa se l’interlocutore tace o non sente, perché ciò che assume rilevanza è il fatto che a pronunciarla sia stato Tutino, indagato per truffa al servizio sanitario regionale (che avrebbe affermato che per Crocetta “avrebbe dato la vita”), nel contesto di una discussione telefonica con il presidente della Regione Siciliana, che ha sempre fatto costantemente sfoggio del vessillo antimafia (come molti politici della migliore tradizione nostrana) e nel passato è stato eletto sindaco a Gela, dove a tutti i livelli non si muove foglia che “a Stidda” non voglia. La Stella, per chi non lo sapesse, è un’indigena organizzazione mafiosa, generalmente contrapposta alla mafia palermitana ( con la quale sussiste da moltissimi anni un braccio di ferro).
Ovviamente, non si può, dunque, che dedurne che la maggior parte dei gelesi sia “anti- Stidda” e Crocetta (che in questi giorni dà il meglio di sé, con sceneggiate disperate di autocommiserazione e inventandosi un’autosospensione, invece di una sana e giusta dimissione dall’incarico), quindi, non sarebbe “nato sotto una buona Stella”. Ma c’è chi non la pensa così.Anni fa, il pentito Trubia (come riportato all’epoca da numerose testate ) dichiarò al magistrato, durante un interrogatorio, che Crocetta era stato eletto sindaco grazie all’appoggio di Cosa Nostra e della famiglia Emmanuello.
La diatriba di questi giorni tra la Procura di Palermo e il quotidiano l’Espresso non è cosa di poco conto: la Procura avrebbe smentito che agli atti vi sia questa intercettazione , mentre l’Espresso riconferma la propria posizione. Chi avrà ragione?
Nel mondo giudiziario, chi conosce il modus operandi di certo tipo di magistratura, sussurra che sicuramente la registrazione è agli atti in un fascicolo segretato. Segretato perché un pubblico ministero, per quanto sia scandaloso – ma la legge lo consente- ha il potere di decidere cosa inserire nel fascicolo a disposizione dell’imputato e cosa eliminare o segretare. Forse, prima che l’inquirente per ragioni non note (che forse non sapremo mai), decidesse di stralciarla, “qualcuno”è riuscito a passarla a qualche giornalista. Appare, questa, una tesi assolutamente credibile, visto che l’Espresso non è una giornalino di parrocchia ed avrebbe molto da perdere se mai dovesse pubblicare una notizia-bomba come questa senza aver acquisito solide basi probatorie e, soprattutto, visto che, sinora, la Procura della Repubblica non ha aperto un procedimento contro il direttore del giornale, cosa che avrebbe immediatamente posto in essere se non avesse “il carbone bagnato”. La Procura di Palermo ha dichiarato che sarà aperto un fascicolo per indagare sull’accaduto e non, quindi, contro L’Espresso per aver pubblicato notizie non veritiere.
Ciò appare ancora più fondato se pensiamo che questa notizia (anche se non in questi precisi termini), che ha fatto in questi giorni così tanto scalpore a livello nazionale fu pubblicata, ancor prima dell’Espresso, proprio dal quotidiano La Sicilia, in un articolo di Mario Barresi, il primo luglio a pagina 4 (il giorno prima, guarda caso, la Borsellino aveva annunciato le proprie dimissioni), come rilevato ieri dal quotidiano “La Stampa”, ed è ingenuo pensare che la Procura di Palermo, la Borsellino e Crocetta non l’avessero letta.
Eppure, nessun tipo di reazione da parte di alcuno. Ciò dovrebbe davvero far riflettere.
Vicky Amendolia
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