Tutti pazzi per Sanremo, «l’unico grande evento in Italia». Parola di Gabriele Fazio

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Se fisicamente non possiamo essere a Sanremo, per la 71esima edizione del Festival della canzone italiana, possiamo sempre farci raccontare cosa significa partecipare a uno degli eventi più attesi, discussi, amati e criticati del Paese.

Così, abbiamo chiesto a Gabriele Fazio, messinese e giornalista dell’AGI, di raccontarci cosa significa finire nel buco nero di Sanremo. «La partecipazione e l’adrenalina che si vive in un piccolo centro come Sanremo durante le giornate del festival è contagiante, per pochi giorni diventa l’ombelico d’Italia».

Se negli ultimi anni, Gabriele ha apprezzato – come molti altri addetti ai lavori – gli Eugenio in via di Gioia, dall’altra la canzone del cuore è “La Terra dei Cachi”, che nel ’96 fece arrivare gli Elio e le Storie Tese al secondo posto e vincere il premio della Critica.

«Ricordo perfettamente che rientravo da scuola, credo fossi alle medie, e sentivo chiunque canticchiare per strada “Italia si, Italia no…”, capii che la sera prima tutti stavamo facendo la stessa cosa, eravamo tutti davanti alla tv a guardare Sanremo e gli Elio e Le Storie Tese che rompevano la sacra liturgia del festival. Non è ovviamente la miglior canzone mai cantata a Sanremo ma è quella che più di tutte me ne ha fatto capire l’importanza».

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Perché Sanremo è Sanremo

Dal 2 al 6 marzo, il Teatro dell’Ariston ospiterà la 71esima edizione del Festival di Sanremo. Un’edizione diversa, senza pubblico, decisione che nelle scorse settimane aveva fatto vacillare la presenza di Amadeus, che per la seconda volta condurrà la competizione canora.

Gabriele Fazio, al Festival ci è andato ben tre volte: 2018, 2019, 2020. La cosa che ti ha meravigliato di più? «Sicuramente l’enorme appeal che ha ancora il festival di Sanremo – racconta Gabriele – nonostante per molti sia una kermesse che sa di vecchio (opinione per certi versi non priva di fondatezza).

La partecipazione e l’adrenalina che si vive in un piccolo centro come Sanremo durante le giornate del festival è contagiante, per pochi giorni diventa l’ombelico d’Italia. Questo è palpabile lato pubblico ma anche lato addetti ai lavori, tutti gli artisti con i quali mi è capitato di parlare in questi anni di Sanremo, alle prime armi o più esperti, anche off record, mi hanno confessato che il palco dell’Ariston è il più difficile da affrontare.

Stupefacente se si pensa che poi è gente che canta solitamente in grandi palazzetti o addirittura negli stadi. Sento spesso parlare con supponenza di Sanremo, “Io, figurati se guardo Sanremo!”, ma la verità è che è l’unico grande evento italiano e non accenna ad appassire».

Una giornata a Sanremo

Ma per andare a Sanremo è necessaria una preparazione fisica adeguata, non è certo roba da principianti sostenere i ritmi di una festival molto complesso e articolato. «Per un giornalista – dice Gabriele – la giornata comincia molto presto, le prime conferenze stampa degli artisti sono organizzate intorno alle 11, già dalle 9 però la sala stampa dell’Ariston è pienamente viva, anche perché Sanremo è un argomento trasversale.

Ogni rivista lo racconta dal proprio punto di vista e ogni giornalista, a seconda della testata per la quale lavora, ha delle tempistiche di lavoro differenti; io che lavoro per un’agenzia di stampa, non mi fermo mai fino a mezz’ora dopo la chiusura della serata, in un giorno consegno tra i dieci e i quindici articoli, se Morgan cambia il testo di una canzone e Bugo lascia il palco arrivo tranquillamente a una ventina abbondante, ma fortunatamente si è trattato di un evento abbastanza unico.

Alle 12 c’è la conferenza stampa Rai, la più seguita, alla presenza dei vertici della rete, del direttore artistico e dei conduttori, molto importante anche perché vengono annunciati i dati auditel, i numeri che effettivamente ci dicono se Sanremo sta andando bene o meno, poi si dà la scaletta dei cantanti, si discute di tutto ciò che è successo la sera precedente e quello che succederà la sera stessa.

Da lì in poi parte la tarantella di interviste, si rimbalza per tutto il pomeriggio e senza sosta tra alberghi, dove solitamente gli artisti organizzano le interviste singole con i giornalisti, e la base in sala stampa, dove si sbobinano e si mandano in redazione il prima possibile; il tutto ovviamente sgomitando nel traffico pedonale inenarrabile della città, spesso puoi impiegarci una quarantina di minuti per fare cento metri. Intorno alle 20:30, a ridosso dell’inizio della serata, si trova il tempo per mangiare qualcosa, ma molto spesso al bar della sala stampa, perché il traffico, o assembramento come trovo calzante definirlo di questi tempi, nel frattempo si è fatto talmente denso che non si avrebbe materialmente il tempo di raggiungere un posto per un panino veloce.

A quel punto ci si piazza in postazione e inizia la serata, si crea un clima molto bello tra i colleghi, si commenta, si scherza, l’atmosfera è decisamente informale, ma si lavora tanto tutti quanti per raccontare la serata nei minimi particolari. In chiusura della diretta ci si prende una mezz’ora per chiudere i pezzi, come me che mi occupo delle pagelle per il sito dell’AGI, e poi si lascia finalmente la sala stampa.

A quel punto, sono quasi le due del mattino, fai un lungo respiro, ti fai due conti e tenti di capire se quelle ultime linee di energia rimaste ti permettono di spostarti verso qualche festa, dove spesso i cantanti in gara improvvisano anche brevi concerti, oppure verso un ristorante con qualche gruppo di colleghi, per arrivare in camera, se tutto va bene, tra le 4 e le 5 del mattino. Questo ogni giorno della settimana».

I messinesi sono pazzi per Sanremo

Se non ci avete fatto caso, ve lo raccontiamo noi. Moltissimi messinesi vogliono andare al festival. Perché? «Per lo stesso motivo per cui vogliono andarci tutti – continua Gabriele Fazio – perché nella settimana di Sanremo tutto succede a Sanremo, gli occhi del paese guardano in quella direzione. È così da sempre, tutti siamo cresciuti con Sanremo e c’è la curiosità di capire il meccanismo che sta dietro un evento così importante. Ma, ti dirò, nessuno è pronto, la prima volta è letteralmente scioccante».

I conduttori del Festival di Sanremo

Da Pippo Baudo a Mike Bongiorno, passando da Raffaella Carrà a Carlo Conti, per i conduttori televisivi il Festival è una grande prova e per un giornalista è sicuramente un’occasione di analisi del sistema mediatico del Paese.

«Sanremo è una bestia inferocita – dice Gabriele – serve mestiere per gestire una situazione in cui hai le penne di migliaia di giornalisti da tutto il mondo puntate su di te e sul lavoro che ti ha impegnato per i mesi precedenti giorno e notte, un lavoro in cui in qualsiasi direzione ti muovi ti fai un nemico, e tutto ciò lo butti sul tavolo in una settimana senza essere in grado di comandare fino in fondo cosa accadrà e cosa no, a Sanremo e nel resto del paese.

Bisogna fare l’equilibrista e gestire i rapporti con il mondo della discografia, con quello della televisione, con quello della politica, con quello della stampa, bisogna essere una macchina da guerra per uscirne vivi. Da un lato quindi ti risponderei che al festival, nonostante tutto, serve un conduttore di grande esperienza, con le spalle molto larghe sotto tutti i punti di vista, dall’altro ti rispondo che il conduttore che vorrei vedere all’opera col festival, che potrebbe davvero (se glielo permettono) segnare una svolta, è Alessandro Cattelan, e credo che non passerà molto tempo prima di vederlo al timone.

Ma, attenzione, dovrebbe essere bravo a salvaguardare quella famosa liturgia di cui sopra, Sanremo non è e non deve diventare il MiAmi, Collisioni o il Rock In Roma. Detto ciò, nonostante molte cose, specie a livello autoriale, siano state oggettivamente deprimenti, la formula Amadeus/Fiorello mi è piaciuta».

Ancora niente concerti dal vivo

È inevitabile fare questo passaggio, il Festival è l’unico evento che non è stato annullato. In questo momento e solo in alcune zone (gialle) i musei sono gli unici luoghi culturali aperti al pubblico. Il Festival di Sanremo, dopo un anno senza concerti dal vivo, è quasi una speranza per moltissimi artisti. Come pensi stiano gestendo il festival di quest’anno?

«Con un tantino di spregiudicatezza. Credo che Amadeus  – continua Gabriele – si sia lasciato andare nelle scorse settimane a troppe dichiarazioni ottimistiche riguardo un Sanremo “normale”, ma questo Sanremo non sarebbe mai potuto essere un Sanremo normale.

Penso che una delle funzioni fondamentali di Sanremo sia raccontare il paese, essere riflesso di ciò che succede, quindi le opzioni secondo me si sarebbero dovute ridurre immediatamente a due: o Sanremo arrivava in un momento in cui poteva rappresentare una rinascita, quindi l’Ariston era non l’unico teatro ad aprire ma il primo teatro ad aprire; oppure senza pubblico. Hanno scelto questa seconda e, anche se mi spiace moltissimo per i cantanti in gara, perché credo che l’assenza di pubblico condizionerà e non poco le esibizioni, la trovo una soluzione corretta».

I siciliani in gara

Saranno 26 i big che calcheranno il palco della 71esima edizione del Festival di Sanremo e parte già il toto vincitore. «Ti dico che quest’anno Amadeus ha piazzato nel cast molti artisti che sulla carta si presentano a Sanremo da potenziali vincitori. Arisa, Ermal Meta, Malika Ayane, sono cantanti che non solo sono già stati al festival, non solo sono abbastanza nazional popolari da poter essere competitivi al televoto, ma hanno anche la capacità di scrivere ottime canzoni in puro stile sanremese.

Detto ciò il tutto deve essere bilanciato con i voti della sala stampa, purtroppo molto meno “tecnici” di quanto si possa pensare quindi piuttosto imprevedibili, che potrebbero premiare Fulminacci (già premio Tenco), Ghemon, Gio Evan, La Rappresentante di Lista, Max Gazzè, Colapesce e Dimartino (in foto) o Willie Peyote. Ma questa bilancia ha in realtà tre aghi, perché ci sono anche da considerare i voti di chi ha forti fanbase o che in televisione gioca in casa, quindi Gaia, Maneskin, Irama o la coppia Francesca Michielin/Fedez, che proprio per questo motivo i bookmaker danno favoriti.

I preascolti ci dicono che il brano di Colapesce e Dimartino è piaciuto moltissimo anche perché risulta allo stesso tempo impegnato e fresco, finora il 100% dei colleghi del settore con i quali mi sono confrontato mi ha indicato loro. Vederli vincere sarebbe un sogno, non solo perché siciliani, ma perché ciò che hanno prodotto nei loro primi dieci anni di carriera, fioriti poi in un disco meraviglioso, merita di essere celebrato su un palco che li lanci anche verso un pubblico mainstream.

Una loro vittoria sarebbe un grande segnale, farebbe bene, tante persone sarebbero indirizzate all’ascolto di musica di spessore, di conseguenza tante major a investire in musica di spessore, di conseguenza tante radio a promuovere musica di spessore, e più spazio trova la musica di spessore più ne toglie a quella musica brutta che sta ingolfando il mercato italiano.

Poi però, ti dirò, alla fine quel che conta davvero è la canzone ed è per questo che, ti ripeto, il cast di Amadeus è ottimo, perché se togli 5/6 artisti che non sono mai stati capaci di scrivere un pezzo decente e sono lì per fare numero, gli altri (e sono 20, non pochi) sulla carta potrebbero tirar fuori una canzone da vittoria».

 

 

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