Dopo il successo dell’Aida al Teatro Greco di Siracusa, che per ben tre recite ha fatto registrare il tutto esaurito riportando la lirica nella città aretusea dopo quarant’anni, Enrico Castiglione è ora impegnato nella preparazione degli allestimenti che il pubblico proveniente da ogni parte del mondo attende sul palcoscenico del Teatro Antico di Taormina, dove fin dal 2007 il suo successo è sempre cresciuto con grande soddisfazione dell’intera Perla dello Jonio.
Il Grand Hotel Timeo gli ha addirittura messo a disposizione la Sala Zeus e lì, in questi giorni, subito dopo aver debuttato Aida, il maestro sta provando le opere che andranno in scena a Taormina: la ripresa di Cavalleria Rusticana che il 2 e il 4 agosto sarà rappresentata insieme a Pagliacci e il suo nuovo settimo allestimento di Tosca il cui debutto è fissato per il 9 agosto.
Lo incontriamo tra le riprese di un documentario che la televisione cinese sta finendo di girare proprio a Taormina sulla sua attività, negli splendidi giardini del Timeo un tempo ammirati da Goethe, e le prove musicali con tutti i cast presenti. Un esercito di maestri collaboratori, assistenti, cantanti ed agenti che vivono a Taormina un’esperienza assolutamente diversa da quella che si respira in altri festival internazionali.
Maestro Castiglione, il terzo sold out per la sua produzione di “Aida” al Teatro Greco di Siracusa è stato archiviato ieri e lei è già a Taormina nel pieno delle prove diviso tra Santuzza, il pagliaccio Canio e Tosca…
«È il mondo della lirica, appassionante e frenetico, armonioso e insieme travolgente. Si va in scena e subito dopo si pensa al prossimo allestimento. Devo dire che poter provare qui all’Hotel Timeo, uno dei luoghi più belli del mondo, è un assoluto privilegio, di cui siamo grati alla Belmond. Quando abbiamo chiesto la possibilità di effettuarvi le prove di regia abbiamo subito ricevuto un sì entusiastico e il bello è che ora alle prove assistono gli stessi ospiti del Timeo, che sentono cantare e vengono a spiare le nostre prove. Il pubblico è giàpresente e gli stessi cantanti stanno dando il massimo perché sanno che poi al Teatro Antico li aspetta un pubblico esigente e internazionale».
Per quale motivo il suo modo di creare una regia è definito spesso realistico?
«Il teatro è finzione ma a volte è più vero il teatro che la vita, mentre forse il vero teatro, la vera finzione è nella vita! Ma, a parte l’analisi filosofica, le mie regie partono dalla musica, cercano di rivelare un personaggio, una vicenda, una storia, per poi ritornare sempre alla musica. A mio avviso non potrebbe avvenire diversamente, perché se è pur vero che in una regia di “teatro musicale” avviene l’incontro tra due mondi apparentemente diversi, tra la recitazione e l’esecuzione musicale, in realtà il teatro musicale parte da quel “recitar cantando” che è la base dell’invenzione di questo genere di spettacolo dal vivo. Poi, tutto è possibile… possiamo distruggere la recitazione a favore della musica o distruggere la musica per esaltare la recitazione, ma il segreto di una buona rappresentazione di un’opera lirica è il saper trovare il giusto equilibrio tra le due dimensioni che grazie alla musica diventano un tutt’uno: appunto il “recitar cantando”. Per questo motivo, per queste sue caratteristiche, l’opera è oggi lo spettacolo dal vivo che resta il più completo ed universale: perché unisce la recitazione, il canto, la musica, le arti figurative… tutte le arti per darci sul palcoscenico uno spettacolo complesso e al tempo stesso appassionante perché ricco, intenso, reale: è l’opera”.
Il mondo della regia dell’opera è luogo di scontro tra chi predilige le regie tradizionali e chi quelle moderne? Perché questa dicotomia?
«È un falso problema. Il concetto di regia “tradizionale” è una stupidaggine, perché c’è modo e modo di creare una regia. L’importante è avere un’idea, avere un senso, avere un obiettivo, che certo non può essere quello di distruggere la storia a cui è indissolubilmente legata la musica. La modernità sta invece tutta nell’idea del regista, del costumista, dello scenografo: che possono realizzare una produzione vecchia, già vista, priva di emozioni, o pur mantenendo l’ambientazione originaria di un’opera possono creare uno spettacolo bellissimo ed emozionante. Oggi la tecnologia e le tante possibilità e soluzioni scenografiche possono dare vita a scenografie di stile assolutamente moderne. Ma bisogna avere idee ed invenzione. Io non amo produzioni che trasportano Aida di Verdi, per fare un esempio chiaro, su Marte… perché questa è una scemenza. È meglio invece ambientare Aida là dove deve essere, ovvero nell’antico Egitto, ma con soluzioni registiche dinamiche che rivelino il dramma dei protagonisti e soluzioni sceniche che esaltino la grandiosità e l’ingegnosità dell’epoca dei Faraoni. Se si riesce a raggiungere questi obiettivi ed emozionare il pubblico, il risultato è ottimo e il pubblico ti premia».
Nella sua “Cavalleria rusticana” che vedremo a Taormina lei ha firmato certamente una scenografia audace, diciamo poco convenzionale…
«L’idea della croce che attraversa tutto il palcoscenico e su cui si consuma il dramma di Santuzza e Turiddu come fosse una sorta di “Via Crucis” è diventato un modello di teatro musicale moderno, che è stato molto apprezzato e sta facendo il giro del mondo. È un’idea forte, che ben si amalgama con il Teatro Antico di Taormina, come le sue pietre e le sue colonne millenarie, e che ho voluto così proprio per mettere in scena una produzione emozionante tutta incentrata sulla “sicilianità” di questo capolavoro, grazie anche e soprattutto agli splendidi costumi disegnati da Sonia Cammarata in omaggio alle antiche ceramiche del 1500 di Caltagirone. Poi, la preparazione attoriale del cast, dove Santuzza, Turdiddu, Lola, Alfio e Mamma Lucia sono dei veri e propri attori che recitano cantando, completa la visione di una Cavalleria che ho voluto ricreare con particolare dinamismo, sia negli accenti dolorosi che in quelli concitati del dramma. È una produzione di cui sono molto fiero, che ben contrasta invece con l’allestimento di Pagliacci, coloratissimo, costituito da un teatro tenda di chiara matrice circense».
Infine, quest’anno il nuovo allestimento di “Tosca”, il settimo per lei: quale il taglio?
«La Tosca è l’opera della mia vita. È l’opera che mi ha fatto scoprire e amare la lirica, è l’opera che prediligo in assoluto. È un capolavoro forte, passionale, che io amo definire cinematografico proprio perché l’orchestrazione di Puccini è ricchissima di commenti sonori legati a ciò che succede e che deve succedere in scena. È una partitura immensa, che ogni volta che apro e studio è fonte inesauribile di sorprese e di possibilità. E ogni volta la devi reinterpretare, a seconda delle opportunità scenografiche e delle possibilità attoriali del cast, che a Taormina avremo eccezionali con Elena Rossi come Tosca, Francesco Landolfi come Scarpia, la nuova scoperta Nester Martorell come Cavaradossi, Giovanni di Mare come Sagrestano. È il mio settimo allestimento e quest’anno ho messo in scena Tosca per la 45° stagione lirica di Lecce, per il Teatro Aurora di Malta e a settembre sarà anche al Teatro Romano di Aspendos in Turchia. Di Tosca ho realizzato due film, il primo nel 2000, il secondo nel 2008 proprio a Taormina… Ora, per il 9 agosto, sto preparando una Tosca nuovissima, molto audace, con una nuova idea scenografica che metterà in risalto Roma, come centro del potere, ma nella sua decadenza… il tutto ben ambientato, spero, tra la Roma Antica del Teatro di Taormina».
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