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Metti Cacciari a Messina per un giorno: l’importanza dell’entrare in relazione

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Cos’è l’ospitalità e come realizzarla? Ma ancor prima, cos’è la filosofia e quale il suo agire? E chi è il pensatore che incarna in sé anche la vocazione del maestro? Di questo e altro ha dibattuto ieri, in una superba lectio magistralis, il professor Massimo Cacciari, filosofo molto apprezzato ed ex sindaco di Venezia.  Una presenza richiesta e fortemente voluta la sua, nell’ambito della presentazione del volume L’evento dell’ospitalità tra etica, politica e geofilosofia, pubblicato a cura di Pierandrea Amato, Rita Fulco, Silvia Geraci, Sandro Gorgone, Francesca Saffioti, Valentina Surace e Claudia Terranova, in onore della professoressa Caterina Resta.

 

L’Aula Magna Dicam (Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne), al Polo didattico dell’Annunziata, dove si è svolto l’incontro, era gremita di gente. Ad aprire l’evento è stata la professoressa Marianna Gensabella, direttore del Dicam, che ha definito la manifestazione un vero e proprio momento di gioia per onorare una grande pensatrice come Caterina Resta, che incarna oltre il ruolo del filosofo anche quello di maestro. E su quest’ultimo si è soffermato particolarmente il professor Cacciari che ne ha magistralmente descritto la figura come quella di colui che conduce, che ha una propria via ma è in grado di aprire percorsi che non ha percorso, che non sono i suoi. «Non tutti i filosofi — ha puntualizzato nel suo discorso — sono capaci di portare avanti entrambe queste vocazioni, ve ne sono alcuni che non possono avere attenzione che per la propria via. Non è spontaneo, immediato che il filosofo sia anche maestro — ha continuato —, poiché quest’ultimo nel percorre la propria via lascia aperta la possibilità di aprirne altre non ancora percorse».  

 

Cacciari, muovendo dal pensiero di G.W.F. Hegel, si è rivolto anche ai detrattori della Filosofia, scardinando l’idea comune che essa si risolva in un puro formalismo, in un semplice linguaggio logico-formale, un pensare fine a se stesso. I termini di cui si serve — ha ribadito — sono termini attivi, prassistici, quelli del fare. «Essa — ha chiarito l’ospite d’eccezione — non rinuncia alla propria vocazione originaria, quella di rappresentare l’intero di un’Epoca», quando tutte le specializzazioni e la discipline specialistiche non hanno fatto altro che astrarre da questo intero, dimenticando che tutto partecipa all’insieme e diventando “mucchio”.  Quello che si è perso di vista, e che muove particolarmente la riflessione della Resta — ha riflettuto il filosofo nel renderle omaggio —, è il mettere ogni cosa nella “prospettiva della relazione”. Con il compimento della filosofia e l’affermazione della scienza, con lo sradicamento di ogni misura, l’uomo non tende più al sapere, egli sa. «Ma — si è domandato Cacciari — si può ridurre a questo l’agire della filosofia? Non ci si può arrendere alla ripetizione dell’analisi, alla critica, al compimento».  È necessario ripensare i termini del mettersi in relazione, domandarsi quale sia la sua valenza in questo tempo e quale il luogo della sua realizzazione.

 

Come ripensare dunque la lingua patria, l’idea di identità? È qui che la Resta ha avanzato la possibilità non di creare ex novo un’altra lingua ma un altro timbro, della preghiera, dell’accoglienza, dell’ospitalità. «Le medesime parole – ha detto – possono risultare in modo diverso», e da qui è necessario partire per condurre oltre la riflessione sullo straniero, l’ospite. Un pomeriggio intenso che, nonostante i tempi stretti a causa dell’appuntamento successivo del professor Cacciari nell’Aula Magna del Rettorato, per la presentazione del libro Architettura del tardo Rinascimento in Sicilia. Giovannangelo Montorsoli a Messina (1547-57), a cura del professor Nicola Aricò, si è comunque concluso con un momento di dibattito in aula, voluto dai relatori e dallo stesso ospite. Nel porgere i suoi ringraziamenti alle varie figure che hanno contribuito a questo momento, la professoressa Resta ha espresso le seguenti parole: «La forma più radicale del dono è donare ciò che non si ha». Forse è proprio da qui che sarebbe necessario far ripartire la nostra riflessione.

 

Giusy Gerace

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