L’inchiesta della Procura svela la pericolosità della A18: quel costone franoso che minaccia case e automobilisti

Pubblicato il alle

4' min di lettura

C’è una zona rossa, classificata livello 4, ad alto rischio franoso sull’A18, nel territorio esattamente a metà tra le province di Messina e Catania. E’ il tratto autostradale relativo all’area di Letojanni, lo stesso in cui il 5 ottobre 2015 si verificò la frana che ancora oggi blocca l’autostrada, in direzione Catania, per un lungo percorso, deviando il traffico sulla carreggiata opposta, che così si sovvraccarica del peso dei mezzi in transito nella doppia circolazione. Un’emergenza non ancora risolta, ma soprattutto un pericolo non ancora debellato: per gli automobilisti che la percorrono e per i residenti della zona (in essa ricadono 100 abitazioni).
Già, perchè quell’area, come detto, dal 2009, una prescrizione del P.A.I. ( piano assetto idrogeologico) la classifica zona rossa e pertanto necessita di una tempestiva e accurata messa in sicurezza. Aggettivi, tempestiva e accurata, che sembrano essere sconosciuti a chi deve, istituzionalmente, tenere conto del parere del Pai.
E’ per questo che la procura di Messina ha disposto ai carabinieri indagini sulle cause che hanno determinato la frana dello scorso anno. L’informativa giunta sulla scrivania del procuratore aggiunto Giovannella Scaminaci, ha descritto l’esistenza sia di cause dovute alla mancata messa in sicurezza del costone roccioso che ricade sulla A18, che di inquinamento ambientale.
In pratica, dalle indagini dei carabinieri del Comando provinciale di Messina, del NOA ( Nucleo Operativo Ecologico) di Catania, sono emerse specifiche responsabilità a carico di 4 amministratori e proprietari di un complesso alberghiero, l’ Holiday network, l’ Elaion ed Elaion residence Sillemie,  e dei 2 proprietari di alcune abitazioni estive di contrada Sillemi Alta ( già sottoposte a sequestro d’emergenza che dovrà essere convalidato dal Gip): avrebbero sversato acque bianche sul costone roccioso oggetto d’indagine, determinando addirittura assenza di vegetazione lungo la scia di sversamento.
Ed ancora, sotto accusa sono due dirigenti del Consorzio Autostrade Siciliane, il dirigente generale Antonino Pirrone e il dirigente tecnico Gaspare Sceusa, che, sebbene diretti destinatari delle prescrizioni del Pai, avrebbero omesso di predisporre gli interventi idonei a preservare la sicurezza delle corsie della A18 Messina-Catania.
Responsabilità sarebbero emerse anche per per il Sindaco di Letojanni , Alessandro Costa, ed il capo ufficio tecnico dello stesso Comune, Carmelo Campailla, per avere approvato il progetto di messa in sicurezza dell’area di Contrada Sillemi, senza che vi fossero i nulla-osta degli organi tecnici, malgrado fossero a conoscenza delle prescrizioni PAI. I due avrebbero anche omesso il controllo sullo smaltimento di acque bianche relativi ai complessi edilizi di contrada Sillemi Alta. Per i 10 indagati, a vario titolo, i reati ipotizzati sono disastro ambientale e falsità ideologica commessa da Pubblico ufficale in atti pubblici.  La Procura non ha fornito i loro nomi poichè sono in corso le notifiche degli avvisi di garanzia.
Il procuratore aggiunto Giovanella Scaminaci ha dichiarato che le indagini proseguono per valutare il rischio delle zone circostanti. Di certo, quel che emerge dall’attività dei carabinieri è che la A18 è un’autostrada a rischio per l’incolumità di chi la percorre. L’inchiesta della Procura, a detta di Scaminaci, dovrebbe sollecitare gli interventi di messa in sicurezza da parte del Cas. Si spera accurata, visto che ormai la tempestività è andata persa.
Patrizia Vita

(579)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Contenuto protetto.