Operazione GdF contro sfruttamento e lavoro nero nelle RSA, i sindacati: «Sistema malato»

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«È l’amara di fotografia di quanto accada all’interno di molte, fortunatamente non tutte,  Residenze Sanitarie Assistite, presenti sul nostro territorio, luoghi di cura che si trasformano in luoghi di sfruttamento»: così CGIL ed FP CGIL commentano l’operazione condotta dalla Guardia di Finanza che ha messo sotto accusa due RSA della provincia di Messina, accusate di caporalato e lavoro nero.

Nella giornata di ieri le Fiamme Gialle hanno posto sotto sequestro beni per un totale di 180mila euro e hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sette persone. Le accuse riguardano la gestione di due case di riposo della provincia di Messina, dove, dice il report della Guardia di Finanza, c’erano 36 lavoratori in nero su 40, costretti a turni insostenibili, senza riposo e senza diritti.

A commentare la vicenda, oggi, sono il Segretario reggente della CGIL, Carmelo Garufi, il Segretario Generale della FP CGIL Francesco Fucile e la Segretaria con delega al terzo settore Elena De Pasquale: «Nel giorno in cui il Consiglio dei Ministri approva la Legge Delega sulla non autosufficienza delle persone anziane – scrivono in una nota – che determinerà un cambio di paradigma nella gestione dei servizi che gravitano nel settore, la Guardia di Finanza mette a segno un colpo che, purtroppo, è l’amara di fotografia di quanto accada all’interno di molte, fortunatamente non tutte, RSA (Residenze Sanitarie Assistite) presenti sul nostro territorio, luoghi di cura che si trasformano in luoghi di sfruttamento».

«Il mondo delle residenze sanitarie – sottolineano –, così come diverse altre realtà che gravitano intorno al mondo delle disabilità e della non autosufficienza sono spesso terra di nessuno, anche perché, in molti casi, vengono applicati contratti capestri, sottoscritti da organizzazioni sindacali non rappresentative, che non riconoscono ai lavoratori salari e diritti e cercano di trarre il massimo profitto attraverso il pagamento delle rette, spesso salate, da parte delle famiglie degli utenti. Un sistema malato, che oltre a mettere in atto un preciso sistema di sfruttamento e sudditanza psicologica nei confronti dei dipendenti, rischia di offrire prestazioni e servizi di scarsa qualità a discapito di coloro che si trovano in quelle strutture proprio perché, invece, avrebbero bisogno di cure adeguate e qualificate».

Nel mese di marzo, la FP CGIL aveva realizzato un report, riguardante il settore socio assistenziale privato e il terzo settore, in cui si segnala che sono 47 i contratti nazionali di lavoro, 27 dei quali “pirata”, che – spiegano CGIL e FP CGIL vanno a incidere su di un campo che conta un numero di addetti pari a 1,250 milioni. Tale «proliferazione contrattuale fuori controllo, esplosa nel corso degli ultimi dieci anni» ha portato i sindacati a inviare al Ministero del Lavoro una proposta, ovvero quella di “Legare l’attuazione del PNRR relativamente ai capitoli del welfare, e quindi l’accesso ai fondi da parte delle imprese, al rispetto dei contratti nazionali firmati dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative”».

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