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“Nebbie sullo Stretto”. Come conciliare tagli e qualità? L’ambiguità di Fs

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strettotrasportiLa Sicilia unita al resto d’Italia, a tutti i costi, da un Ponte. Quel ponte sullo Stretto che avrebbe rappresentato per molti la svolta. Accantonato il progetto, però, sembra che a nessuno, nel continente, interessi più garantire quella necessaria continuità territoriale, che è stata fatta a fette.

C’è tanta confusione nello Stretto. Tra indignazione e notizie contrastanti, la continuità sembra essere sempre più un miraggio. Sul tavolo da gioco la Sicilia riceve sempre la carta della penalità.

Ma la confusione regna. Lunedì, la drammatica conferma: 4 Intercity giorno e due Intercity notte soppressi, una sola nave Fs che coprirà 18 corse giornaliere. Questo è quanto emerso all’incontro, tenutosi a Roma, tra i vertici Fs e i sindacati. Ovviamente, è stata subito polemica. Focolai di dissenso si sono accesi in ogni dove. D’altronde, come non considerare questa decisione se non un colpo d’ascia ben assestato per lasciar andare alla deriva la Sicilia?

Qualcosa, però, non torna. Fs in un comunicato, che dovrebbe rappresentare la risposta ai tanti appelli rivolti nella sua direzione, precisa che non abbandonerà lo Stretto; anzi investirà e potenzierà i servizi. «Nessun posto a rischio fra il personale impegnato nelle attività di navigazione – afferma la società –: i 62 dipendenti saranno ricollocati in Rfi nelle attività di terra e di bordo. Le attività di traghettamento di carrozze e carri merci di Rfi proseguiranno regolarmente, con un’organizzazione più funzionale, moderna e aderente alle esigenze».

E ancora: «Il progetto, elaborato da Rfi d’intesa con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, prevede già da gennaio 2015, a carico del Gruppo Fs Italiane e senza alcun onere aggiuntivo per lo Stato, un servizio di traghettamento veloce fra Messina e Villa San Giovanni – nelle ore diurne anche nei giorni di sabato, domenica e festivi – con le navi veloci della controllata Bluferries.

Per garantire un servizio efficiente e aderente alle esigenze di mobilità nello Stretto di Messina, in caso di avverse condizioni meteomarine il traghettamento sarà effettuato da una nave bidirezionale di Bluferries, anche in questo caso senza nessun aggravio di costo per le casse dello Stato.

Con i mezzi veloci che garantiscono una maggiore frequenza e standard qualitativi più elevati è pienamente soddisfatta la mobilità nell’ambito dello Stretto di Messina, che viene attraversato in circa 20 minuti. In questo modo i collegamenti per la Sicilia sono ridotti di circa 1 ora. Nelle ore notturne i treni continueranno ad essere traghettati a bordo delle navi ferroviarie di Rfi».

Qualcosa non torna, dicevamo. Solo due giorni fa le Fsi avevano ufficializzato che con l’entrata in vigore del nuovo orario ferroviario, il 13 giugno 2015, sarebbero stati soppressi i due treni InterCity diurni Palermo/Siracusa-Roma, e l’InterCityNotte Palermo/Siracusa-Milano. Sarebbero rimasti, per raggiungere il continente, solo i due treni InterCityNotte Palermo/Siracusa-Roma. 

Una decisione presa a causa della mancata erogazione dei 47 milioni di euro annui  dei fondi statali, che il Ministero dei Trasporti aveva confermato il 23 dicembre 2014, e che avrebbero permesso la continuità territoriale con i treni a lunga percorrenza e il servizio navi tra le due sponde. Tagli che, naturalmente, non incidono solo sul fattore continuità, ma anche sul fronte occupazionale, mettendo a rischio posti di lavoro.

Come si può, dunque, rendere «standard qualitativi più elevati» in queste condizioni? Giocare solo la carta dell’attraversamento veloce non basta, non è sufficiente per garantire quella cosa che chiamano “continuità”.

Di fronte a questa risoluzione erano insorti il deputato nazionale Vincenzo Garofalo e quello regionale Nino Germanà. Garofalo aveva chiesto un incontro urgente con l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato per avere chiarimenti in merito alle intenzioni della società nell’area dello Stretto. E ribadito: «Non permetteremo che si facciano passi indietro». E aveva definito indispensabile «il mantenimento dell’attuale livello occupazionale e il miglioramento dei servizi resi agli utenti siciliani da decenni penalizzati da un’offerta che è  ben lontana dal raggiungere livelli accettabili di efficienza».

«In un Paese civile – aveva tuonato Germanà – non può esistere una situazione simile, specie considerati gli oltre 3 miliardi di finanziamenti stanziati in Sicilia a beneficio delle ferrovie: parliamo di soldi pubblici, denaro di quegli stessi cittadini a cui oggi si nega un diritto come se non fosse tale».

«La decisione contrasta con le necessità del territorio», avevano sottolineato il sindaco Renato Accorinti e il neo-assessore Sebastiano Pino: «Qualsiasi previsione di riordino del sistema di attraversamento dello Stretto deve assolutamente tenere in conto almeno due condizioni non negoziabili, la difesa di tutti i posti di lavoro e la possibilità per i viaggiatori di potere viaggiare con servizi efficienti e senza alcuna penalizzazione».

I sindacati Cgil e Filt guardano anche ai lavoratori, perché nel comunicato Fs non dice che ne sarà di quelli precari e dell’indotto: «I lavoratori – denunciano – saranno invece quelli più duramente colpiti con l’immediata scomparsa di quell’enorme bacino di precariato che qui da noi ha continuato ad agire da ammortizzatore sociale per centinaia di famiglie».

«Messina – ribadiscono – è una questione nazionale. Invece che comunicati si ricerchi l’unità con le città dell’isola, si incalzi il governo regionale, si costruisca insieme alle forze sociali economiche e politiche una grande vertenza per rivendicare, anche se in drammatico ritardo, quel confronto con il governo nazionale per farlo recedere dai suoi nefasti propositi e per ridare a questa parte d’Italia le stesse opportunità e gli stessi diritti degli altri».

«Il comunicato di Ferrovie è una toppa peggiore del buco che aggiunge rabbia alla delusione», incalza, invece, l’Orsa. «Non si fa cenno – spiega – ai circa 70 marittimi precari che non imbarcheranno più nella flotta pubblica, agli esuberi non ricollocabili dell’indotto  e agli esuberi ferroviari nelle attività correlate al servizio universale: manovra, manutenzione e personale mobile». E sul servizio di traghettamento veloce, aggiunge: «Esisteva già, non si tratta di nuovi investimenti né di potenziamento».

Se questi i presupposti, la risoluzione della vicenda appare lontana. E i pezzi del puzzle non hanno trovato ancora il giusto incastro.

 

Giusy Gerace

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