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Messina Futura: «Dopo l’ennesimo suicidio, urge una seria riflessione sulla condizione dell’imprenditoria»

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messina2In seguito all’episodio che ha visto il suicidio dell’imprenditore di 45 anni che si è gettato, ieri, da un viadotto della A20 Messina-Palermo, scatta la riflessione, urgente, dell’associazione Messina Futura. «Da troppo tempo si assiste inerti — scrive in una nota l’avvocato Sergio Calderone —, sia da parte delle istituzioni che da parte della maggioranza (silenziosa) dei cittadini, a questo lungo elenco di suicidi da parte di imprenditori, per lo più titolari di piccole aziende, che impossibilitati a far fronte ai propri impegni e a far proseguire la propria attività decidono di mettere la parola fine, non alla sopravvivenza delle loro aziende, ma alla loro stessa esistenza». Passando dalle micro alle grandi imprese l’andamento generale rimane altrettanto allarmante, tanto da indurre il presidente della associazione degli industriali Giorgio Squinzi a dichiarare solo poche ore fa: «In questo momento il paese è terrorizzato, i cittadini non investono più: è una situazione che non ho mai visto da quando faccio l’imprenditore, quindi da 50 anni». Squinzi ha chiesto una «moratoria per l’applicazione di Basilea 3» e, per rimetter in moto l’economia, «che lo stato restituisca al più presto 48 miliardi di crediti alle imprese su un totale di 71 miliardi che il centro studi di Confindustria stima essere la massa del debito statale verso i propri fornitori». «Concordando con l’Ue una misura straordinaria di indebitamento per pagare le imprese — spiega l’avvocato —, Madrid ha saldato debiti per 27 miliardi in 5 mesi. Il precedente spagnolo fa dire giusto l’altro giorno al presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti: “L’Europa deve consentirci di pagare le imprese. Questa è una delle emergenze che il nuovo governo, qualunque esso sia, dovrà affrontare”. Alle ultime consultazioni elettorali — prosegue Calderone — l’unica preoccupazione delle forze politiche tradizionali è stata quella di contenere i consensi dei movimenti di protesta senza, al contrario, offrire segni tangibili di un cambiamento di rotta per il bene della collettività. È  giunto il momento — conclude — che si comprenda in modo chiaro che, di fronte alla morte di tanti imprenditori, di fronte all’indebitamento delle famiglie italiane giunto a livelli ormai insostenibili, il paese reale non può più permettersi di attendere gli attuali tempi della politica e di uno Stato pronto a battere cassa ma lentissimo a soddisfare i propri creditori».

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