La lunga crisi di Messina. Le motivazioni

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In questi ultimi anni in centro città, ma non solo, è facile imbattersi in botteghe chiuse che un tempo erano in piena attività, segno che la lunga crisi economica sta incidendo in modo pesante sul sistema commerciale cittadino. Secondo alcuni però la colpa di tutto ciò dipende dallo sviluppo eccessivo della media e grande distribuzione, secondo altri dagli acquisti che sempre più copiosi vengono effettuati sul web, insomma non vi è una causa preponderante, ma tutte ripercuotono i loro effetti negativi su quello che un tempo era perno centrale dell’economia messinese il commercio ! Il terziario di mercato e dell’economia diffusa ha sempre avuto ed ha un ruolo importante dalle nostre parti, secondo alcuni dati va oltre il 70% del PIL provinciale, per cui alcune scelte sbagliate o peggio quelle mancate, stanno da tempo, provocando una crisi che non è, meglio sarebbe dire non sarà, facilmente archiviata. Certo negli anni ’60 e ’70 l’evoluzione economica e sociale in città e provincia ha beneficiato degli effetti traino dovuti alla ripresa dai danni del secondo conflitto mondiale, in cui servitù statali, la creazione di strutture quali il Policlinico intitolato a Gaetano Martino e manifestazioni di vario tipo hanno fatto sì che Messina avesse un ruolo importante nel panorama sociale e politico nazionale. Non si può dimenticare il sorgere di un nuovo sistema di collegamento con l’altra sponda dello “Stretto” con gli aliscafi della Rodriquez e le navi bidirezionali della Tourist e all’epoca della gemella Caronte.

In questo quadro di riferimento si affermò una generazione di aziende commerciali, purtroppo oggi scomparse, che non avevano nulla da invidiare alle omologhe del nord Italia, che svolgevano un ruolo di servizio alla città per la loro capacità attrattiva che andava al di là del mero esercizio commerciale, essendo sempre tra i promotori di importanti manifestazioni pubbliche.

Purtroppo quello stato di fatto piuttosto importante è stato spazzato via da scelte politiche poco lungimiranti che hanno soddisfatto esigenze di piccolo cabotaggio pronte ad essere osannate per il ritorno istantaneo di consenso, ma prive di valenza se rapportate alle necessità future.

Un delle prime non scelte, la città l’ha subita quando da parte di piccoli gruppi si riuscì a fermare il progetto del porticciolo turistico nel lago Faro, con la scusa del “biotopo” in verità si voleva evitare che i terreni che sovrastano il lago di Ganzirri beneficiassero di valori maggiori.

Altri fattori che stanno provocando l’attuale stato di degrado, possono individuarsi nella gestione mai proiettata al futuro di “Taormina arte” e del Teatro Vittorio Emanuele, che non sono mai riusciti a diventare fattore propulsivo. La decadenza del cantiere Rodriquez, il venir meno di posti di lavoro nel settore pubblico e parapubblico, e in quello delle costruzioni che non vede azienda capaci di proporsi sul mercato non sono stati compensati dalla positiva evoluzione del florovivaismo. Ma le aziende di vari settori che hanno chiuso i battenti negli ultimi vent’anni sono ormai troppe per essere qui elencate, e ritenere che la loro scomparsa sia dovuta solo alla cattiva gestione è al contempo ingenerosa e non corretta.

Per meglio comprendere il “non fare” tipico di Messina basta cercare una lista degli alberghi, sono ormai un paio gli altri sono stati chiusi o tramutati in alloggi e case di riposo, ma parliamo di turismo facendo riferimento alle crociere, come se la vita di una città possa basarsi su un solo fattore produttivo. Purtroppo quando avvenuto sino ad ora non è stato sufficiente per fare capire ai responsabili a vari livelli della cosa pubblica, che è arrivato il momento di cambiare, infatti i vari patti per lo Stretto, per l’area metropolitana e l’Autorità portuale di tutto trattano se non di meri ipotetici indirizzi evolutivi, che non permettono di individuare un futuro concreto per chi deve decidere oggi se rimanere a Messina o andare via ! Se non si smette di tirare il can per l’aia, l’avvenire sarà più plumbeo, e impedirà di vedere gli stormi di uccelli che attraverseranno lo “stretto” insieme ai capodogli senza sbattere nei “piloni del ponte”

Aurelio Giordano

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