Insegnanti a distanza. Le storie di sette professori ai tempi del coronavirus

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Piersanti – Hangout Meet per correggere gli esercizi

Piersanti Smiroldo è un messinese, professore a distanza a Carignano, in provincia di Torino. Insegna latino e materie letterarie al Liceo Noberto Bobbio.

«Nella mia scuola da parte della dirigente ci è stata data libertà didattica sugli strumenti da usare. La scuola ha aperto una piattaforma su Moodle come canale ufficiale dove caricare i compiti e i vari materiali, aprire una chat con cui interagire con gli studenti e poter creare delle verifiche di vario tipo. L’Istituto ha anche dato dei portatili a quelle famiglie che avevano delle difficoltà. Per il resto siamo liberi di decidere di rapportarci con i ragazzi come vogliamo.

Personalmente io costruisco dei PowerPoint su cui registro le spiegazioni di Letteratura, Promessi Sposi, Poesia, Latino, GeoStoria, carico il materiale preparato su Moodle e poi tramite il canale di videoconferenza offerto da Google alla scuola, Hangout Meet, mi vedo con loro in orario di lezione e correggiamo gli esercizi assegnati o chiarisco i loro dubbi.

I ragazzi sono molto contenti di potermi vedere tramite Meet, per loro è una boccata di aria fresca quell’oretta passata insieme dove, non solo portiamo avanti la didattica, ma conversiamo di quello che facciamo durante il giorno, mi mostrano una parte della loro quotidianità, come il fratellino o la sorellina che entra in stanza per giocare oppure il gatto che durante la lezione decide di voler camminare sulla tastiera della mia studentessa. In questo modo cerchiamo di stemperare gli animi un po’ ansiosi per via della situazione odierna.

Le interrogazioni sono una di quelle cose su chi si sta discutendo molto nel mio istituto e penso in ogni scuola. Farla o non farla, ma poi se la si fa il ragazzo potrebbe segretamente avere degli appunti davanti a lui o qualcuno accanto che gli suggerisce, e allora che senso avrebbe. Queste sono alcune delle tante domande che da docente sento sulla possibilità di interrogare i ragazzi online. Il mio personale pensiero è perché no! Sono propenso all’idea dell’interrogazione tramite videoconferenza, reputo, in primis, che se uno studente le cose non le conosce, un docente se ne accorge, in quanto se avesse il libro in mano, non saprebbe neanche dove trovare l’informazione;
in secundis interrogare potrebbe essere un modo per tentare di normalizzare la situazione, cercare di dare loro una parvenza di routine scolastica che ai più manca.

Delle giornate in classe manca l’interazione con i ragazzi, quel momento di empatia che si instaura solo vivendo insieme e condividendo le esperienze dalle più buffe (come beccarli mentre mangiano di nascosto) a quelle più serie (come la richiesta di consigli sui loro piccoli problemi di cuore). Inoltre si è persa parte di quella routine scolastica fatta di sguardi e saluti mentre sali le scale per raggiungere l’aula docenti, di incontri durante il cambio dell’ora, del semplice appello fatto ad inizio lezione e che poi nel giro di 10 minuti dovrai modificare per l’ingresso in ritardo di alcuni studenti, di risate causate da piccole sciocchezze o da giustificazioni sempre strampalate per i compiti non fatti. Mi mancano tanti piccoli pezzetti che compongono il mondo della scuola.

Credo, forse, uno dei vantaggi dell’insegnamento a distanza sia quello di una progettazione maggiore della didattica, basata più sulle competenze che sulle nozioni. I compiti assegnati cercano di essere più laboratoriali, di dare la possibilità di incrementare le loro competenze, ovvero non basta più leggere e comprendere il testo, serve anche lavorare con il testo, smontarlo, analizzarlo e rimontarlo comprendendo i possibili agganci con l’attualità. Un altro vantaggio deriva dalla possibilità di sperimentare varie tipologie di esercizi, non solo domande, ma anche attività più ludiche come cruciverba, flash-card e sfide virtuali per ottenere più punti.

I ragazzi mi chiedono spesso la mia opinione sulla situazione fuori dall’ordinario che stanno vivendo, io rispondo cercando di spiegare loro con dati alla mano la situazione attuale, dicendo che è normale avere dubbi in questi momenti di caos generale, ma che non bisogna farsi prendere dallo sconforto e che “Andrà tutto bene” e presto potremmo ritornare a vederci dal vivo ed unirci in un abbraccio collettivo».

Valeria – mi mancano i ricci dei capelli di Roberta e la curiosità di Elisabetta

Valeria Alfieri insegna a distanza ai tempi del coronavirusAnche Valeria Alfieri è un’insegnante a distanza. Lei deve gestire le lezioni ma anche le due gemelle Bianca e Margherita che ogni tanto le fanno compagnia durante le sue ore con i ragazzi. Insegna Lingua e cultura inglese all’I.I.S. La Farina-Basile di Messina.

«Ho iniziato a fare le videolezioni via Skype pochi giorni dopo la chiusura delle scuole. Ho mantenuto quasi del tutto la scansione oraria settimanale che avrei avuto a prescindere dall’emergenza perché credo sia importante per i ragazzi riuscire a stabilire una routine anche all’interno di una situazione veramente faticosa da un punto di vista emotivo e psicologico. Inizio le lezioni alle 9 e, in base ai giorni, vado avanti con una scansione modulare di 60 minuti sino alle 13.

Il giorno dopo la chiusura della scuola è stato organizzato un webinar per darci delle indicazioni su quali potessero essere le piattaforme più semplici ed efficaci per poter lavorare da casa con i ragazzi. Ci siamo messi in gioco immediatamente, ciascun docente con le proprie abilità e competenze, provando a fare squadra e, soprattutto, provando a non far sentire soli gli studenti. Oltre Skype, utilizzo l’ambiente virtuale di Google classroom per la condivisione di materiali e la restituzione degli elaborati da parte degli studenti. Come docente di Inglese ho sempre utilizzato moltissimo le risorse online per proporre giochi, lavorare attraverso video, immagini, testi, documentari, film o canzoni, e sto continuando a lavorare così anche in questa fase di didattica a distanza.

Quasi tutti i ragazzi partecipano attivamente alle videolezioni. Ovviamente quelli che hanno sempre avuto meno voglia di mettersi in discussione anche adesso sono meno presenti, ma questo fa parte delle dinamiche fisiologiche e normali di un qualsiasi gruppo classe.

Chiaramente le interrogazioni classiche che teoricamente si facevano a scuola vanno riviste e messe in discussione. Posso dirti che personalmente assegno sempre ai ragazzi dei lavori o degli elaborati da condividere con il resto della classe. Insegnare una lingua straniera mi offre la possibilità di spaziare e far esercitare gli studenti sulle abilità di speaking, writing, listening e reading su qualsiasi argomento, sia esso storico-letterario o di attualità.

Le programmazioni si stanno rimodulando alla luce dei nuovi spazi e tempi dell’apprendimento e dell’insegnamento; mettere un voto oggi significa per me riconoscere l’impegno dei miei alunni e gratificarli per quanto stanno facendo in un momento tanto complicato.

Mi manca il buongiorno del sig.Franco la mattina, mi mancano le chiacchiere con i colleghi e le lezioni del mercoledi pomeriggio. Mi manca il caffè di Alessio, mi mancano le chiacchiere di Aurora e la concentrazione di Rebecca. Mi mancano i ricci dei capelli di Roberta e la curiosità di Elisabetta. Mi manca la generosità di Letizia e la pazienza di Abdoulie. Mi manca l’incontenibile gioia di Marco e Francesco e la gentilezza di Angela. Mi manca la spontaneità di Giuliana e il sorriso di Morgan.

Il vantaggio è che stiamo imparando a non dare più nulla per scontato. Ed è una grandissima lezione.

Cerco di ascoltare tanto i ragazzi. Cerco di ritagliare sempre un pò di tempo per parlare delle loro sensazioni e delle loro paure. A volte non mi interessa parlare di Oscar Wilde o di past continuous se davanti ho un sedicenne terrorizzato o triste perchè non vede il suo grande amore da settimane ormai. In quel momento la mia priorità è tentare di dar voce ad un disagio interiore che non trova sfogo altrove. Essere insegnanti ed educatori significa anche questo, e non comprenderlo secondo me è l’errore più grande che si possa fare».

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