Insegnanti a distanza. Le storie di sette professori ai tempi del coronavirus

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Cosa significa essere insegnanti a distanza ai tempi del coronavirus? Che strumenti vengono utilizzati? Come reagiscono i ragazzi a questo profondo stravolgimento della loro quotidianità? Ci sono dei vantaggi nella didattica a distanza? Si fanno ancora le interrogazioni? Per mettere fine ai nostri dubbi, abbiamo chiesto a sette insegnanti a distanza di raccontarci la loro esperienza.

Una cosa che non si è fermata, per fortuna, è la scuola, seppur a distanza. Con le misure di contenimento dettate dal coronavirus, infatti, gli insegnanti di tutta Italia hanno dovuto fare i conti con le lezioni lontani dai loro ragazzi.

Cambiamenti non soltanto per i più piccoli ma anche per i prof. che nel giro di pochissimi giorni hanno dovuto riadattare le lezioni in virtù dell’emergenza. Alcuni hanno trovato dei vantaggi in questa nuova forma di insegnamento, per altri la didattica a distanza non è sufficiente.

Tra gatti e fratellini che interrompono le lezioni, stendini che volano e amori adolescenziali, sette insegnanti ci raccontano cosa significa fare scuola a distanza ai tempi del coronavirus.

Mariateresa – la prof. youtuber

Mariateresa Zagone La prima dei sette insegnanti a distanza è Mariateresa Zagone, insegna Storia dell’Arte al Liceo Artistico Ernesto Basile. Ha 6 classi e ha deciso di realizzare delle video-lezioni e caricarle su YouTube.

«A partire dal 10 marzo ho cominciato, per coscienza e perché incoraggiata dagli alunni di alcune classi in particolare, a fare videolezioni e a caricarle su YouTube e poi a mandare sui gruppi whatsapp i link. È proprio esplosa la gioia, alcuni alunni mi hanno letteralmente sommersa di messaggi entusiatici, dicendomi che mancava loro la scuola, la Storia dell’Arte in particolare, dicendomi che ero una youtuber fantastica.

Dalla settimana successiva, ho attivato, con gli stessi gruppi classe, delle conversazioni via skype, così che ci potesse essere maggiore interazione e, dopo la diretta della mia videolezione, si potesse aprire quello che ho chiamato “Cerchio Didattico Aperto”, con le loro impressioni e le loro domande.

Allo stato attuale alcuni colleghi fanno valutazioni che sono “consigliate” dal Ministero e da circolari interne. Per quanto mi riguarda, non vorrei fare valutazioni perché noto che i ragazzi arrivano a collegarsi con gioia ed entusiasmo e non vorrei burocratizzare il tutto svilendo la cultura che per me rimane l’unico valore assoluto. Ovviamente, nel momento in cui me lo si chiederà, dovrò fare valutazioni anch’io e le farò, ma, beninteso, controvoglia. Anche perchè queste condizioni oggettivamente difficili per tutti e senza una fine certa, al termine, suppongo, porteranno a una promozione generalizzata, come è giusto che sia in un caso simile, e profondamente errato nella normalità.

Delle giornate in classe non mi manca nulla, perché l’unica cosa che mi piace è il rapporto con i ragazzi. E questo rapporto lo sto mantenendo.

Questa epidemia, come la Storia dell’Arte, ci sta insegnando: l’altro, il fatto che non esistono razze e confini perchè un virus viaggi. Siamo una sola umanità e si potrà uscirne o tutti insieme o non se ne uscirà. È una ripetizione pratica delle mie lezioni e dei valori che cerco di trasmettere tramite lo studio affascinante dell’Arte».

Giusi – i ragazzi sono più attenti di quanto non fossero a scuola

Giusi Arimatea sta insegnando a distanza ai tempi del coronavirusLa seconda prof. tra i nostri insegnanti a distanza è Giusi Arimatea. Lei insegna Italiano e Storia all’ I.I.S. Minutoli sez. Quasimodo. Le sue ore di lezione si sono – piacevolmente – moltiplicate.

«Alterniamo lezioni in videoconferenza e trasmissione di risorse utili e di supporto allo studio. Io, dopo aver testato vari strumenti, utilizzo G-Suite, una suite appunto di software e strumenti di produttività che includono applicazioni web.

I ragazzi, in questo momento, sono smarriti, frastornati, anche più di noi. Le lezioni diventano dunque pretesto per scambiare quattro chiacchiere, per ridere insieme. “A distanza” paradossalmente ci si sente persino più vicini. In ambito propriamente didattico ci seguono, sono attenti, volenterosi. Forse più di quanto non facessero a scuola.

Si fanno ancora le interrogazioni. Certamente! Ma specifico che tra una verifica e l’altra, tra una terzina dantesca e una guerra mondiale, oggi c’è ancora più bisogno di umanità, di empatia, di serenità, di speranza, di un sorriso. Noi stessi ne avvertiamo il bisogno e per fortuna i ragazzi possiedono il dono meraviglioso di captarli, mentre proviamo a trasferirli coi mezzi più fantasiosi del momento, e restituirceli, quintuplicati pure. Prima d’essere insegnanti abbiamo il dovere di essere ciò che siamo. Autentici a distanza, anche quando chiediamo di scusarci un attimo perché il vento rischia di trascinare via lo stendino per il bucato.
Delle giornate in classe mi manca tutto. Mi mancano persino le requisizioni di quei telefoni che adesso ci stanno tornando oltremodo utili. Ciononostante, ammetto che ci sono dei vantaggi nelle lezioni a distanza, c’è maggiore continuità dell’insegnamento e conseguentemente dello studio. Senza quelle attività extra scolastiche, sacrosante sia chiaro, che spesso sottraggono i ragazzi alle lezioni in classe, le ore è come se si fossero moltiplicate. Questa forma di didattica credo inoltre responsabilizzi i ragazzi, contribuisca a renderli persino più autonomi nello studio.
Così le giornate dentro casa volano via veloci tra una lezione in videoconferenza, la correzione di elaborati e la scelta dei migliori supporti per assicurare ai ragazzi qualcosa che assomigli quanto più possibile alla scuola. Con o senza didattica a distanza, non li avremmo abbandonati, ne sono sicura. Dico piuttosto no alla burocrazia che ingolfa il nostro lavoro e che in oltre vent’anni ho visto crescere in maniera esponenziale. Lasciateci lavorare, lasciate che per una volta prevalga il nostro buonsenso. Non è il tempo, questo, dell’affannosa e rovinosa corsa ai programmi che da sempre sottrae flessibilità, bellezza, fantasia pure, al nostro lavoro. Tablet più tablet meno, la scuola c’è. Come sempre, del resto».

Alessia – mi manca anche fare l’appello

Alessia VanariaC’è anche Alessia Vanaria tra gli insegnanti a distanza. Professoressa dell‘I.I.S Caminiti Trimarchi di Santa Teresa di Riva, qui insegna italiano e latino. Anche i suoi ragazzi sono impauriti da quello che sta succedendo.
«La scuola si è attivata da subito per avviare i docenti all’uso di piattaforme digitali, per permettere che tutto continuasse nel modo migliore. Per la maggior parte utilizziamo piattaforme di e-learnig come Edmodo, Fidenia, Schoology. Queste metodologie asincrone sono, spesso, affiancate da altre sincrone che permettono di poter interagire in maniera diretta ed immediata con i ragazzi.
Tra queste è possibile annoverare, senza dubbio, Skype o Zoom, strumenti che consentono di ricreare virtualmente la realtà della classe. Ciascun docente, inoltre, adopera anche il consueto registro elettronico per annotare anche lì i contenuti didattici affrontati. Un ultimo strumento, poi, “informale” è Whastapp, attraverso cui è possibile dare agli studenti comunicazioni o informazioni urgenti, o semplicemente mantenere quella relazione umana che non va mai trascurata ma che diventa fondamentale sul piano educativo.

I ragazzi stanno vivendo, ovviamente, come docenti e famiglie un periodo di difficoltà, di grande emergenza sanitaria. Un periodo che ha portato loro a stravolgere la propria routine, ad abbandonare quell’ambiente classe e quel contatto con i compagni che amano. Nonostante le difficoltà, devo dire che i ragazzi stanno reagendo al meglio, mostrando un gran senso di maturità e responsabilità. Prendono parte alle lezioni “virtuali”, inviano, laddove richiesto, elaborati che attestano il loro impegno. Si può constatare, senza dubbio, una partecipazione attiva da parte loro, nonostante tutte le difficoltà di una didattica che non è quella consueta. Mi fa sorridere sentirli rimpiangere quella realtà scolastica che, spesso, nel quotidiano considerano noiosa. Stanno scoprendo il valore di tante piccole cose.

Durante le videochiamate si dialoga sugli argomenti affrontati, su quanto si è spiegato nelle lezioni precedenti. L’obiettivo è comprendere se ci sono lacune sugli argomenti vecchi e nuovi. Le consuete interrogazioni in modalità online si avvieranno, più avanti con tutte le difficoltà del caso se la situazione di emergenza persisterà. Speriamo che non ci sia bisogno e che si possa rientrare presto tra i banchi di scuola.

Mi mancano tantissimo le giornate trascorse nell’ambiente scolastico, quella routine che spesso, dovendomi spostare tra diverse realtà scolastiche, mi lascia pochissimo tempo libero. Mi manca, prima di tutto, ovviamente il contatto diretto con i miei ragazzi. Il mondo virtuale, la didattica a distanza non potrà mai sostituire quella reale svolta all’interno del contesto classe. Mi mancano i gesti del quotidiano: da quelli burocratici come fare l’appello o registrare la giustificazione delle assenze, a quelli che attengono al piano delle relazioni umane. Ascoltare i loro “dubbi esistenziali”, le loro perplessità, osservare i loro sguardi smarriti mentre stai spiegando qualcosa e magari si vergognano a chiedere chiarimenti. Mi manca, in una parola, la normalità scolastica.

La didattica a distanza ha, senza dubbio, alcuni vantaggi come il poter inviare contenuti multimediali che consentono di approfondire quanto si sta trattando e che, magari, possono interessare e incuriosire di più gli studenti. Video, presentazioni multimediali, strumenti che, sinceramente, però, adopero anche nel quotidiano come normale integrazione della consueta lezione frontale.

I ragazzi sono molto confusi, impauriti dal non poter mantenere le loro abitudini quotidiane come l’andare a scuola o uscire il sabato sera con gli amici. Si trovano chiusi costantemente entro le mura domestiche, come è giusto che sia per evitare il diffondersi del contagio. Cerco nel quotidiano di aiutarli ad affrontare questo momento di difficoltà e da docente di italiano li ho esortati, ovviamente, a scrivere le loro riflessioni su questo virus che ha stravolto la vita di tutti. Didatticamente, cerco di ricostruire quanto possibile la loro normalità scolastica. Da questo punto di vista apprezzo la didattica a distanza, l’uso di strumenti di videochiamata come Skype o Zoom che aiutano a riprodurre virtualmente l’ambiente classe. L’importante in questo momento è che riescano ad essere il più possibile sereni. A tal fine ritengo che ciascun docente debba mirare a rassicurarli sull’andamento dell’anno scolastico, a rispondere, in maniera quanto più possibile esaustiva, alle loro domande e alle loro perplessità. Il dialogo educativo può rilevarsi, a tal proposito, uno strumento fondamentale».

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