Messina Porto Franco, dalla Sicilia normanna alle fortificazioni di Carlo V
Facendo un balzo avanti nel tempo, Franz Riccobono ci accompagna nella Sicilia di Carlo V, all’alba di quel sistema di fortificazioni le cui tracce spiccano ancora su tutto il territorio.
«Superata la fase dell’occupazione araba della Sicilia – spiega –, con la chiamata dei cavalieri normanni inizia la riconquista dell’Isola da parte della cristianità. In questa fase il ruolo di Messina e del suo Porto fu determinante. Consolidatasi la situazione, con Re Enrico VI, vari privilegi vengono concessi alla città al Porto, tra cui quello dato alla marineria messinese 1197 di fregiarsi delle insegne imperiali: l’aquila bicipite nera in campo bianco, che fino all’800 rimarrà il simbolo della marineria messinese. Tale circostanza, ancorché negletta, rimane importante perché pone la marineria messinese sullo stesso piano delle più note repubbliche marinare di Genova, Pisa, Amalfi e Venezia, i cui simboli permangono nella bandiera della Marina Militare Italiana.
Nel tempo – prosegue – la città dello Stretto ebbe due privilegi importantissimi per l’economia cittadina: la Fiera franca ed il Porto franco, entrambe iniziative a carattere mercantile. È bene ricordare che le tavole amalfitane, cioè il regolamento delle attività mercantili sul mare, a detta del Genuardi, furono riprese nella puntuale normativa dai privilegi accumulati nel tempo dai mercanti messinesi che si muovevano in ogni parte del Mediterraneo ed anche oltre».
Il piano di fortificazioni di Carlo V
«Nel piano di rafforzamento della città dei Messina voluto da Carlo V – racconta Riccobono – viene prevista la costruzione del Castello del Santissimo Salvatore dei Greci laddove per secoli vi era stato l’importante monastero Basiliano le cui competenze comprendevano non già la Sicilia orientale ma gran parte della Calabria meridionale e di cui rari conici membranacei sono fortunatamente conservati presso la Biblioteca Regionale di Messina. Nel XVI secolo la città viene cinta da mura bastionate, viene costruito il Castello Gonzaga e vengono restaurati il Castellaccio (Castello Reale) e il Mata e Grifone, in un piano di fortificazione proporzionato al ruolo e all’importanza del Porto di Messina.
Non a caso, qualche decennio dopo, nel 1571 – continua – la flotta cristiana comandata dal figlio di Carlo V, Don Giovanni d’Austria si raduna nell’arco di qualche mese nel Porto di Messina prima di partire per la vittoriosa Battaglia di Lepanto»
Spostandoci ancora di circa un secolo, fino ad arrivare al luglio del 1674, il Porto sarà protagonista di un importante – e spesso discusso – evento storico: «Un secolo dopo – prosegue Riccobono – l’orgoglio dei mercanti messinesi ricchi in funzione del proprio Porto sfocerà nella Rivolta Antispagnola che determinerà una crisi mai più superata dalla città malgrado vari tentativi. Tra i privilegi aboliti dalla riconquista spagnola vi sarà l’abolizione del Porto Franco, anche se durerà solo un decennio, dopodiché a Messina sarà restituito il privilegio.
Ancorché progettato molto prima – racconta –, dopo la rivolta viene realizzato un adeguamento del sistema difensivo portuale per adeguarlo all’evoluzione delle artiglierie. Infatti, la zona Falcata era cadenzata dal Forte Don Blasco alla testa della Falce, la lanterna e il Castello del Santissimo Salvatore. Per cui una vasta fascia tra Don Blasco e la Lanterna rimaneva di fatto scoperta, costituendo un punto debole nella difesa del Porto. Per sopperire a tale carenza venne incaricato Carlos de Grunembergh, ingegnere militare specializzato nelle costruzioni sul mare, il quale con sorprendente rapidità e capacità realizza in soli tre anni il perimetro stellare della Real Cittadella di Messina, che includeva ben cinque baluardi: San Carlo, Santo Stefano, San Diego, San Francesco e Grunembergh. Nei successivi tre anni verranno completate le opere secondarie, fra cui i padiglioni per gli alloggiamenti».
(Foto dell’archivio di Franz Riccobono e Giangabriele Fiorentino)
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