Chi vive a Messina lo sa, questa città sembra sostenersi economicamente solo con bar e ristoranti: conferma che arriva anche con i dati (relativi a giugno 2022) dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d’impresa nelle città italiane, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne.
Sostanzialmente il report ci dice come sta l’Italia in termini di aperture e chiusure di negozi. Secondo i dati, negli ultimi 10 anni, nel Bel Paese sono sparite quasi centomila attività di commercio al dettaglio e oltre quindicimila imprese di commercio ambulante. Crescono gli alberghi e i ristoranti, ma senza riuscire a compensare le riduzioni del commercio. La Sicilia risulta la terza regione italiana per chiusure di negozi. Nello specifico a Messina ci sono, per quanto riguarda il commercio al dettaglio:
- 360 negozi nel centro storico;
- 2.043 nelle altre zone della città.
A Messina c’è stato un aumento del commercio al dettaglio, come farmacie e i tabacchini, ma anche dei servizi alberghieri; in tal senso, il dato più significativo è un piccolo aumento delle aperture di bar e ristoranti: nel 2012, nel centro storico di Messina si contavano 170 tra bar e ristoranti, a giugno 2022 sono 210, mentre nelle altre zone della città se ne contavano 520 e adesso sono 539. Più in generale, per quanto riguarda alberghi, bar e ristoranti, a Messina ci sono:
- 233 attività nel centro storico;
- 602 nelle altre zone della città.
A questo link i dati nel dettaglio.
Il report di Confcommercio
Dal report della Confcommercio, a livello nazionale, cambia il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali:
- libri e giocattoli -31,5%,
- mobili e ferramenta -30,5%,
- abbigliamento -21,8%)
e sempre più servizi e tecnologia:
- farmacie +12,6%,
- computer e telefonia +10,8%,
- attività di alloggio +43,3%
- ristorazione +4%
Negli ultimi dieci anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%). Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, il commercio di prossimità dovrà puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1miliardi nel 2022. Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale.
«La desertificazione commerciale – spiega Carlo Sangalli, Presidente di Confcommercio –, non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza. Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del PNRR e il coinvolgimento delle parti sociali».
A questo link il report completo della Confcommercio.
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