A Taormina l’Ecce Homo di Caravaggio in omaggio ai potenti del G7

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L’Ecce Homo di Caravaggio è tornato a casa,  dopo quasi quattro secoli. Michelangelo Merisi, infatti, lo aveva dipinto nel suo cosiddetto “periodo siciliano”, ma la Sicilia e i suoi abitanti, in realtà non lo avevano mai visto. L’opera, di inestimabile valore, è esposta  a Palazzo Corvaja di Taormina e rientra in uno scambio istituzionale tra i Musei civici di Genova, dove era custodito il dipinto e che hanno concesso il trasferimento, e l’Assessorato Regionale al Turismo.

C’è voluto il G7, dunque,  per riportare l’Ecce Homo alle nostre latitudini, con l’obiettivo di fare di Taormina una grande vetrina di tutto ciò che la Sicilia può offrire: storia, arte, cultura, bellezze paesaggistiche. E in effetti l’opera è inserita nell’ambito della mostra “Unescosites- Italian Heritage and Arts”, un’esposizione multimediale promossa dalla Società Beni Culturali, in cui non solo si possono apprezzare le opere di alcuni dei più grandi artisti italiani, tra cui appunto quella del Caravaggio, ma il visitatore ha l’opportunità di immergersi nelle atmosfere dei luoghi riconosciuti dall’Unesco come patrimonio mondiale dell’umanità.

Fuori da Palazzo Corvaja, altra opera di rilievo sarà visitabile a partire dal 24 maggio nella cripta dell’Ex Chiesa del Carmine. Si tratta della “Tavola Lucana”, di Leonardo Da Vinci, un pannello che rappresenta l’autoritratto del genio toscano. Ma l’opera di Leonardo non sarà da sola, dall’11 marzo infatti, è già visitabile all’interno dell’ex chiesa, la mostra  “Il Futuro sopravvenuto”, con i quadri degli artisti di spicco del futurismo italiano: Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Julius Evola, Giulio D’anna ed altri. 

Tornando all’Ecce Homo di Caravaggio, se da un lato è discutibile che un’opera di così alto valore venga trasferita a Taormina, guarda caso in concomitanza con il G7, quasi fosse un omaggio ai potenti della terra, come se l’arte non dovesse essere di tutti e per tutti, dall’altro è pur vero che la tela rimarrà fruibile fino a tutto il mese di luglio.

Un contentino? Forse, ma certamente da sfruttare.

L’opera. 

Risale al 1605. I protagonisti  sono tre: Cristo, Ponzio Pilato (sulla destra) e l’uomo che si appresta a torturare Gesù, collocato alle spalle di quest’ultimo. L’opera rappresenta nel modo più veritiero possibile l’omonima scena descritta nel Vangelo di Giovanni: salta immediatamente all’occhio “l’ironica” corona di spine indossata Cristo, come per schernire il suo titolo di Re dei Giudei, proprio come riportato nelle scritture.

I colori utilizzati da Caravaggio sono molto scuri e i contorni dei protagonisti ben definiti: facendo bene attenzione, è possibile notare che il corpo di Cristo è l’unico delineato in modo preciso (nonostante la fioca luce presente), Ponzio Pilato è vestito di nero ed infine, la guardia invece si intravede appena. Proprio la guardia merita maggiore attenzione: il suo sguardo è un perfetto mix tra due comportamenti contrastanti; da una parte avverte il forte desiderio di voler picchiare il prigioniero, e dall’altra parte è frenato dalla pietà nei suoi confronti.
Caravaggio dipinge un Cristo “sconfitto”: il suo sguardo abbassato indica che è pronto ad accettare il suo destino e compiere il sacrificio, ma è anche sfiduciato nei confronti degli uomini, i quali lo trattano come un criminale, condannandolo definitivamente alla croce.

Marika Micalizzi

 

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