Con un colpo di spugna, il 17 marzo scorso il governo Gentiloni ha cancellato i voucher INPS, ovvero i buoni lavoro, largamente utilizzati dalle imprese per pagare i lavoratori occasionali. Il decreto ha stabilito che non se ne potranno acquistare più, ma che quelli già comprati dagli imprenditori, potranno essere spendibili fino a dicembre.
Quello che fino a pochi mesi fa, lo stesso Governo giudicava uno strumento utile per limitare il lavoro nero, adesso invece è stato totalmente abolito. Probabilmente sarebbe bastato attuare una regolamentazione ancora più rigida dopo le modifiche recentemente apportate per limitarne gli abusi, ma niente. La decisione è stata quella di dire addio ai voucher.
Ma adesso cosa succederà? Perché se è vero che, soprattutto in alcuni settori, i buoni lavoro si sono rivelati un modo per evitare l’assunzione dei lavoratori ed aggirare le regole, è pur vero che in altri, lo strumento si era rivelato utilissimo sia per l’imprenditore, che aveva la possibilità di chiamare personale extra in determinate situazioni di “emergenza”, sia per il lavoratore, che comunque attraverso il voucher, usufruiva di una copertura contributiva.
Attorno alla decisione di Palazzo Chigi si è sollevato un vespaio di polemiche. Dure le reazioni delle associazioni di categoria delle piccole e medie imprese, le maggiori fruitrici dei voucher, che parlano di danno per le aziende e di duro colpo al lavoro regolare. La cancellazione dei buoni, potrebbe infatti aprire le porte ad una nuova ondata di lavoro nero.
Ma andiamo con ordine. Cos’è, o meglio, cos’era il voucher?
Voucher: buono lavoro dell’importo nominale di 10 euro, comprendente la contribuzione a favore della Gestione separata Inps (1,30 euro), quella in favore dell’Inail (0,70 euro) e una quota per la gestione del servizio (0,50 euro). Il compenso netto per il lavoratore è di 7,50 euro.
Quanti ne sono stati venduti?
IN ITALIA: Solo nei mesi di gennaio e febbraio 2017, ultimi dati disponibili, sono stati venduti 18.013.459 voucher. In tutto il 2016 sono stati venduti 133.819.108 voucher. Nel 2015 ne erano stati venduti 115.079713.
IN SICILIA: Solo nei mesi di gennaio e febbraio 2017 sono stati venduti 405.002 voucher. Nel 2016 ne sono stati venduti 3.400.000 . Nel 2015 ne erano stati venduti 2.820.919.
PROFILO DEI LAVORATORI
L’età media dei lavoratori pagati con voucher risulta pari a 36 anni; le donne sono in maggioranza; l’incidenza di lavoratori non comunitari è allineata ai parametri osservati in genere per il lavoro dipendente.
PROFILO DEI COMMITTENTI
- Aziende dell’industria e del terziario con dipendenti;
- Aziende agricole con dipendenti e agricoli autonomi;
- Artigiani e commercianti senza dipendenti: quasi 65.000;
- Un gruppo di committenti, divisi tra persone giuridiche e persone fisiche.
L’eliminazione dei voucher ha indubbiamente creato un vuoto normativo, al momento infatti, il Governo non ha trovato una soluzione alternativa e le aziende sono alle prese con le difficoltà che ne derivano.
A MESSINA
Anche a Messina lo strumento dei buoni lavoro era largamente utilizzato dalle piccole e medie imprese, ed anche qui il popolo degli scontenti dalla loro cancellazione è vastissimo.
A farne le spese sono soprattutto i ristoratori, che li utilizzavano spesso, nei casi in cui fosse necessario ampliare il personale fisso, con lavoratori impiegati nella gestione di banchetti o servizi catering.
Il ristoratore messinese Benny Bonaffini parla delle difficoltà a cui andrà incontro non solo la sua categoria: ” Penso a tutti quei locali che aprono solo nel fine settimana-commenta Bonaffini- come le discoteche, che funzionano solo il sabato e la domenica e che impiegavano largamente lo strumento voucher e che oggi vengono pesantemente penalizzate. Anch’io nella mia attività – prosegue- utilizzavo moltissimo i voucher INPS, quando avevo la necessità di allargare il personale per l’organizzazione di matrimoni o catering di altro genere. Adesso sarà un grosso problema, perchè, se non si troveranno alternative ‘snelle’ per il lavoro occasionale, dovrò fare un contratto a tempo determinato, con un notevole aggravio di spese sia dal punto di vista fiscale che contributivo. I voucher andavano sicuramente regolamentati meglio, per limitare gli abusi, però la loro eliminazione ha penalizzato anche le aziende che rispettavano la legge”.
Un’altra categoria che non ha preso bene la cancellazione dei buoni è quella dei tabaccai. Le rivendite di tabacchi, infatti, insieme alle banche, alle sedi INPS e agli uffici postali erano le sedi in cui il committente poteva acquistare i voucher e il lavoratore, una volta svolta la prestazione professionale, poteva recarsi per incassare il denaro corrispondente. I tabaccai intascavano una percentuale che si aggirava intorno al 4% su queste operazioni.
“Dieci anni fa, vista la capillarità della nostra categoria- spiega il tabaccaio Mario Di Giuseppe– ci è stato chiesto di creare una rete per offrire servizi al cittadino, che fungesse anche da congiunzione con lo Stato. I voucher erano parte di questa rete e la loro abolizione ha creato un danno anche a noi. L’ennesimo, visto che nel tempo ci è stata tolta la possibilità di gestire il pagamento del canone Rai e dell’Ici. Da cittadino-prosegue Di Giuseppe- penso che probabilmente sia stato un bene eliminarli, perchè se n’è abusato tanto nonostante le regole più ferree che il Governo aveva introdotto negli ultimi tempi. Devono essere però rimpiazzati da qualcosa di simile, perchè è impensabile che tutti coloro che lavoravano con voucher possano essere assunti. Da tabaccaio non posso che ribadire che a noi è stata tolta una possibilità di guadagno”.
Marika Micalizzi
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