Monologo per grande attrice: alla Sala Laudamo, per il cartellone “Paradosso sull’Autore” curato da Dario Tomasello, andrà in scena, dall’1 al 3 marzo, “La donna perfetta” con Mariella Lo Sardo, regia Vincenzo Tripodo, musiche di Ralph Towner; spettacolo prodotto da Gigi Spedale per “Querelle”. Il testo, firmato dalla Lo Sardo e Tripodo, è definito “una nuova partitura”, tratta da “La voce umana” di Jean Cocteau e da “A Telephone Call” di Dorothy Parker. Nel primo testo la protagonista è una donna aggrappata a un filo di telefono, in una lunga conversazione con un uomo che l’ha lasciata; nel secondo, la protagonista è sempre una donna, ma stavolta in attesa di una telefonata che non arriverà mai. Nella riscrittura le due donne si sono fuse in un unico corpo e in un’unica voce. «Il telefono – spiegano gli autori – non è l’unico punto in comune tra i due lavori. Benché separati da un oceano, la Parker e Cocteau, hanno scritto i testi nello stesso arco temporale, nel 1930. In quegli anni le donne in Francia non avevano ancora il diritto di voto, mentre in America lo avevano ottenuto da soli dieci anni Il femminismo era ancora di là da venire. Le icone cinematografiche e la letteratura ne distinguevano soprattutto due archetipi: “la Santa”, tutta casa e chiesa, possibilmente votata al martirio, e la “mangiatrice di uomini”. Basti rivedere “Sunrise” di Murnau, riascoltare la “Cavalleria Rusticana” o rileggersi “L’Angelo Azzurro”. Le donna emancipate, indipendenti, le Carrie di “Sex and the City” per intenderci, erano additate come pessimi modelli da una società tutta al maschile». Il testo di Cocteau, magnificamente portato in scena da attrici come Anna Magnani e Ingrid Bergman, si presenta come un drammone accorato e disperato. Una donna a rota, in crisi d’astinenza, che, pur sapendo che si farà del male, non riesce a liberarsi dalla dipendenza. La Parker invece, ci mette un pizzico d’ironia, nel dipingere lo stato di attesa e la nevrosi della donna per un telefono che non squilla. La domanda spontanea è: questo tipo di drammaturgia può ancora rappresentare la figura di donna del nuovo millennio? La risposta di Mariella Lo Sardo e Vincenzo Tripodo è sì, a patto di cambiare il punto di vista sul lato empatico. Se non si cerca l’effetto specchio nell’esagerata emotività della protagonista, ma piuttosto ponendo l’enfasi sulla sua complessa psicologia, ricostruendo i passaggi borderline dei suoi processi mentali. Allora sì. Queste donne esistono ancora. Solo che il testo sortisce l’effetto opposto: diventa comico. Almodovar le dipinge magistralmente in “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”, altrettanto fa Woody Allen con “Io e Annie” e “Manhattan”. Noi – dicono ancora i due autori – abbiamo scelto di investigare le sinapsi di una “Bimbo”, ossia quel tipo di donna che non arriva mai a completa maturazione. Per intenderci, quelle che ancora prediligono il rosa, collezionano bambole, parlano con le vocine e si “fanno” di botulino. Donne bambine in cerca di un padre, più che di un compagno. Questo è stato il punto di partenza per “riscrivere” l’opera, intrecciando le conversazioni di Cocteau con quelle della Parker in un continuo spostamento temporale quantistico, dove passato e presente coesistono nello stesso spazio in un serrato montaggio incrociato. Altro tema comune è “la sincerità”. Il telefono è un’arma terribile, privando l’interlocutore dello sguardo, si presta facilmente alla manipolazione, alla menzogna. Il solo che può sapere se quanto è detto corrisponda al vero è lo spettatore, che può interpretare le reazioni fisiche, le contrazioni, e gli spasmi del volto dell’attrice. Nonostante sia apparentemente sola, in scena Mariella Lo Sardo è accompagnata da un cast di tutto rispetto, a cominciare da Dio, col quale ha diversi scambi di battute. Ben altro è invece il rapporto con una bambola di pezza alla quale, come una ventriloqua, la sua coscienza dà voce. E per finire con l’uomo dall’altro capo della cornetta, di cui non sentiamo la voce, ma, da come reagisce e risponde la protagonista, ci sembra di poterlo sentire, parola per parola, mentre sullo sfondo passano le note della splendida chitarra appositamente realizzate dal grande musicista americano Ralph Towner.
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