Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno contraria alla proposta di un referendum per dire sì o no al ponte sullo Stretto, lanciata da Forza Italia e Lega Nord. Ecco cosa si legge in un comunicato:
“In merito alla proposta espressa da Forza Italia e Lega Nord, mirata a indire un referendum tra le popolazioni interessate al ponte sullo Stretto, Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno evidenzia che tale proposta, pur essendo certamente suggestiva, è inammissibile e improponibile in quanto la nostra costituzione, all’art. 75, contempla soltanto i referendum abrogativi di leggi esistenti, quando lo richiedano 500.000 cittadini o cinque consigli regionali.
Una trovata mai neanche immaginata per altre grandi opere. Sono stati mai proposti referendum per realizzare la galleria TAV Torino Lione, o la TAV Napoli Bari, o il Terzo Valico dei Giovi, o il Mo.S.E., o la BreBeMi, l’Expo, le metropolitane di Roma, Milano, Napoli, o l’ampliamento del porto di Genova?
Ma, pur cambiando la parola referendum, lessicalmente impropria e giuridicamente scorretta, in sondaggio, viene da chiedersi come sia possibile utilizzare un simile strumento per un’infrastruttura che unisce persone molto diversamente coinvolte e, spesso, scientificamente disinformate: il voto degli abitanti di Ganzirri e Torre Faro varrà quanto quello dei cittadini di Barcellona o Trapani a molti km di distanza? E se il voto dei Siciliani fosse favorevole ma non quello dei Calabresi, se ne costruirebbe soltanto mezzo?
E’ una democrazia fasulla, quella che confonde gli interessi locali con quelli dell’intero Paese. Ma, oltre a una evidente fragilità logica, la proposta tradisce il rifiuto da parte di alcune forze politiche di attuare il grande programma di infrastrutturazione del Sud, che fa perno sul Ponte e mira ad unire il Paese. E’ chiaro che c’è ancora chi non condivide l’urgenza di attuare una vera mobilità territoriale, quella che porta
coesione e sviluppo in ogni parte del Paese e contrasta una marginalizzazione che è prima causa dell’arretratezza del Mezzogiorno. Marginalizzazione che è anche brodo di coltura della criminalità organizzata, figlia del bisogno e della mancanza di un lavoro onesto, prima ancora che fenomeno culturale.
Queste temerarie proposte fatte proprio adesso, dopo le aperture governative ed il consenso delle componenti più significative del PD di riavviare la costruzione del ponte, appaiono come maldestri tentativi di scatenare nuovi furori ideologici che già portarono alla scellerata decisione dei governi Monti e Letta di fermare lo sviluppo sino a Napoli e Bari.
Perché, ci domandiamo infine, se per accantonare il ponte è bastato un decreto legge, per riavviarne invece l’iter dovrebbe essere necessario un referendum? Non comprendiamo per quale ragione un referendum non fu proposto nel 2006, quando Alessandro Bianchi, ancora dentro le mura del Quirinale dopo il giuramento di fedeltà alla Repubblica, si permise di dire che “il ponte sullo Stretto è l’opera più inutile e dannosa pensata dall’uomo negli ultimi cento anni”. O ancora, perché non lo si propose nell’ottobre 2012, dopo che Mario Monti presentò il decreto legge contenente quell’ articolo 34 decies che seppelliva il ponte sullo Stretto, assieme alla credibilità internazionale di questo Paese?”
Per Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno
Fernando Rizzo, Giovanni Mollica, Giovanni Caminiti, Ettore Gentile, Daniela Micali, Angelo Papalia, Nino Musca.
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