Isola di fuoco, bella Trinacria, così Dante Alighieri cantava la Sicilia nella sua Divina Commedia. In occasione del 750esimo anniversario dalla nascita del sommo poeta, nel giorno a lui dedicato – il Dantedì – abbiamo deciso di riprendere in mano l’opera che più ha segnato la storia della letteratura italiana e di andare a trovare alcuni dei punti in cui è descritta o citata la Sicilia, terra di bellezza, accogliente e feroce, culla del mito.
Come sappiamo dai tempi della scuola, la Divina Commedia è un poema di Dante Alighieri suddiviso in 3 cantiche, Inferno, Purgatorio e Paradiso. Ogni cantica contiene in sé 33 canti per un totale di 100 (l’Inferno ha un canto in più). La scelta non è casuale, perché per il poeta fiorentino il 3 e il 10 erano numeri carichi di significato simbolico; il primo indica la Trinità, il secondo la perfezione. Cosa canta Dante nella sua Commedia? È un viaggio immaginario compiuto dal Poeta nel mezzo del cammin della sua vita, a 33 anni, nei tre regni dell’aldilà. In ciascuno di essi Dante è accompagnato da una guida, Virgilio nell’Inferno e nel Purgatorio, la sua amata Beatrice nel Paradiso. Al termine del suo percorso, l’anima ne uscirà purificata.
Nella Divina Commedia, Dante cita più volte la Sicilia – come già detto, Isola di fuoco e bella Trinacria – ne ricorda i miti, le bellezze, la ferocia dello Stretto di Messina.
Nell’VIII Canto del Paradiso, Dante Alighieri definisce e descrive così la Sicilia: «E la bella Trinacria, che caliga / tra Pachino e Peloro, sopra ‘l golfo / che riceve da Euro maggior briga, / non per Tifeo ma per nascente solfo, / attesi avrebbe li suoi regi ancora, / nati per me di Carlo e di Ridolfo, / se mala segnoria, che sempre accora / li popoli suggetti, non avesse / mosso Palermo a gridar: ‘Mora, mora!».
Nel VII Canto dell’Inferno, il Poeta rievoca il mito, lo scontro tra i due mostri dello Stretto, Scilla e Cariddi: «Come fa l’onda là sovra Cariddi, che si frange con quella in cui s’intoppa, così convien che qui la gente riddi». Sempre nell’Inferno, Canto XIV, Dante cita poi l’Etna “focina negra” di Vulcano dove il fabbro crea i fulmini per Giove: «Se Giove stanchi ‘l suo fabbro da cui / crucciato prese la folgore aguta / onde l’ultimo dì percosso fui; / o s’elli stanchi li altri a muta a muta / in Mongibello a la focina negra, / chiamando “Buon Vulcano, aiuta, aiuta!”, / sì com’el fece a la pugna di Flegra, / e me saetti con tutta sua forza: /non ne potrebbe aver vendetta allegra».
L’ultima citazione di questa breve rassegna viene dal XIX Canto del Paradiso. Qui Dante definisce la Sicilia “Isola di foco”: «Vedrassi l’avarizia e la viltate / di quei che guarda l’isola del foco, / ove Anchise finì la lunga etate». “Quei” che la guarda (e la governa) è Federico II D’Aragona.
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La culla del Mediterranio è la SICILIA. DANTE esalta la Sicilia nelle sue opere.Grande risalto e contributo da Dante che ha attinto dalla lingua siciliana del NORMANNO FEDERICO II . LODI E GLORIA NEI SECOLI !!!❤