Alessandro Preziosi torna a Messina – dal 22 al 24 gennaio – con “Vincent Van Gogh, l’odore assordante del bianco”. L’appuntamento è al Teatro Vittorio Emanuele.
Alessandro Preziosi interpreta Vincent Van Gogh
L’attore napoletano sarà il famoso pittore olandese in “Vincent Van Gogh, l’odore assordante del bianco” di Stefano Massini, per la regia di Alessandro Maggi. Sul palco anche Francesco Biscione, Massimo Nicolini, Roberto Manzi, Leonardo Sbragia e Antonio Bandiera. Una produzione Khora e TSA Teatro Stabile D’Abruzzo.
Lo spettacolo ambientato nel 1889 è una sorta di thriller psicologico che indaga la creatività artistica compressa nel temporaneo isolamento di Vincent Van Gogh.
Il testo vincitore del Premio Tondelli a Riccione Teatro 2005, offre considerevoli opportunità di riflessione sul rapporto tra le arti e sul ruolo dell’artista nella società contemporanea.
Previsti tre spettacoli: mercoledì e giovedì alle 21.00 e venerdì alle 17.30.
Note di regia
Sospensione, labilità, confine. Sono questi i luoghi, accidentati e mobili, suggeriti dalla traiettoria, indotti dallo scavo. Soggetti interni di difficile identificazione, collocati nel complesso meccanismo dell’organicità della mente umana. Offerti e denudati dalla puntuale dinamicità e dalla concretezza del testo, aprono strade a potenziali orizzonti di ricerca. La scrittura di Massini, limpida, squisitamente intrinseca e tagliente, nella sua galoppante tensione narrativa, offre evidentemente la possibilità di questa indagine.
Il serrato e tuttavia andante dialogo tra Van Gogh – internato nel manicomio di Saint Paul de Manson – e suo fratello Theo, propone non soltanto un oggettivo grandangolo sulla vicenda umana dell’artista, ma piuttosto ne rivela uno stadio sommerso.
Van Gogh, assoggettato e fortuitamente piegato dalla sua stessa dinamica cerebrale incarnata da Alessandro Preziosi, si lascia vivere già presente al suo disturbo. È nella stanza di un manicomio che ci appare. Nella devastante neutralità di un vuoto. E dunque, è nel dato di fatto che si rivela e si indaga la sua disperazione. Il suo ragionato tentativo di sfuggire all’immutabilità del tempo, all’assenza di colore alla quale è costretto, a quell’irrimediabile strepito perenne di cui è vittima cosciente, all’interno come all’esterno del granitico “castello bianco” e soprattutto al costante dubbio sull’esatta collocazione e consistenza della realtà.
La tangente che segue la messinscena resta dunque sospesa tra il senso del reale e il suo esatto opposto.
In una spaccatura in cui domina la sola logica della sinestesia, nella quale ogni senso è plausibilmente contenitore di sensi altri, modulandone infinite variabili, Van Gogh è significante e significato di sé stesso.
Lo scarto emotivo che subisce e da cui è irrimediabilmente dipendente, rappresenta causa ed effetto della sua stessa creazione artistica, non più dissociata dalla singolarità della sua esistenza e lo obbliga a percorrere un sentiero isolato in cui il solo punto fermo resta la plausibilità di un’infinita serie di universi possibili nei quali ogni tangibilità può rappresentare il contrario di ciò che è.
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